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Il commento
Devolution, avanza la rivoluzione federalista

di Ettore A. Albertoni

Considero un autentico privilegio che, per motivi alfabetici, il mio cognome mi abbia collocato quale primo firmatario della proposta di referendum che il Gruppo Consiliare della Lega Lombarda-Lega Nord Padania ha predisposto e depositato come suo atto preliminare e qualificante, di carattere politico e legislativo, all’inizio della VII Legislatura regionale lombarda dopo le vittoriose elezioni del 16 aprile 2000.
Sulla base del Documento politico e programmatico 17 febbraio 2000 che ha indicato agli elettori nella forma più trasparente, pubblica e solenne gli obiettivi ed i metodi di governo e di legislazione che hanno motivato l’alleanza tra la Lega Nord Padania e il Polo delle Libertà, il primo Presidente della Regione Lombardia eletto direttamente dal popolo - Roberto Formigoni - ha assunto un preciso quanto importante e rigoroso impegno “per l’attuazione concreta del federalismo”. Così come hanno fatto gli altri Presidenti eletti nel Veneto, nel Piemonte ed in Liguria.
Sul piano operativo la “devolution” - ossia il concreto e non reversibile trasferimento da parte del Governo e della Amministrazione centrale dello Stato alle Regioni delle materie per le quali secondo l’art. 117 della Costituzione la potestà legislativa primaria è esclusiva delle Regioni stesse - è stata individuata dalle forze politiche, sociali o culturali che hanno vinto la recente competizione elettorale regionale come lo strumento più idoneo a raggiungere questo scopo. È quindi evidente che il largo consenso che venerdì scorso 15 settembre nel Parlamento Regionale della Lombardia ha portato all’approvazione senza compromessi della “Proposta di indizione di referendum consultivo per il trasferimento di funzioni statali in materia di sanità, istruzione, anche professionale, nonché di polizia locale, alla Regione” rappresenta l’avvio concreto di questa “devoluzione legislativa” in materie di grande rilevanza sociale ed individuale quali sono la sicurezza, la salute, il lavoro e lo studio. Si tratta di una scelta politica e legislativa molto coraggiosa e riformatrice che costituisce una imprescindibile premessa per “cambiare le regole” e per procedere nelle riforme necessarie per il cambiamento sociale, politico ed istituzionale. Gli eletti della Lega Nord Padania nel Parlamento regionale lombardo hanno, quindi, l’orgoglio di potere dire oggi a chi ha dato fiducia al nostro Movimento ed ai suoi alleati - ma più in generale a tutti i cittadini lombardi, padani ed italiani - che gli impegni elettoralmente assunti per il cambiamento istituzionale e costituzionale vengono, come si vede, mantenuti con grande sollecitudine. Essi verranno anche attuati con risoluta determinazione e con vigorosa energia. Possiamo anche aggiungere con soddisfazione che il tempo del politichese verboso ed appiattente, della estenuazione della volontà politica e della sovranità popolare nel mare delle chiacchiere e del “dolce far niente” assembleare è da venerdì chiuso per sempre.
Sono molto grato al nostro Movimento che mi ha designato per un intervento in Aula nel merito della nostra proposta referendaria e dei problemi di indirizzo costituzionale e normativo che essa ha posto e che d’ora in poi dovranno essere risolti. Si è trattato del mio primo intervento, una sorta di battesimo di un neo-eletto consigliere regionale. In esso ho cercato, soprattutto, di sottolineare il senso alto e costruttivo della proposta avanzata da Lega e Polo delle Libertà nell’ambito di una discussione in cui tutte le forze anti-federaliste ed anti-autonomiste di centro-sinistra, di sinistra e dell’ormai obsoleto quanto pasticcione referendarismo radicale, si sono distinte per la loro attitudine di dire tutto ed il suo contrario, ossia niente di positivo e di concettualmente e culturalmente maturato ed elaborato. Le opposizioni hanno, purtroppo, fatto unicamente della propaganda e, talora, anche una disinformazione di non elevato profilo. Sino al punto di chiedere alla loro stampa di regime di comunicare uno sdegnato “abbandono dell’aula” che non c’è mai stato ma che è stato sbandierato dai servitorelli sciocchi del potere mediatico di cui minoranza nel Paese e minoranza piuttosto esigua in Lombardia continua a farla da padrone nel governo e nello Stato. Personalmente ho auspicato un diverso e molto più maturo e responsabile comportamento da parte delle opposizioni nel Parlamento Lombardo. Metodi, argomenti ed atteggiamenti arroganti di questi oppositori e del loro servile apparato pubblico e semi-pubblico di disinformazione non giovano sicuramente allo sviluppo di una corretta dialettica democratica. Infatti ancora una volta di più si è cercato da parte delle opposizioni centraliste, dirigiste e corporative, di ricorrere alla retorica ideologica ed ai processi alle intenzioni invece di cogliere la portata ideale e pragmatica della nostra iniziativa che era aperta a tutte le forze disponibili al cambiamento. Così come aperta e rispettosa della volontà di  tutti i cittadini lombardi sarà la consultazione referendaria sulla devolution.
Dal momento che ritengo che altissima, costituente e propositiva, debba essere oggi e sempre più in futuro la funzione del Parlamento Regionale Lombardo - presieduto da Attilio Fontana in forme tanto degne quanto equilibrate e rispettose nei confronti di tutte le forze politiche - mi è sembrato piuttosto disdicevole che in una materia come quella della devoluzione alle Regioni di materie che sono già di sua specifica e primaria competenza dal 1 gennaio 1948 gli antagonisti di una maggioranza che è forte di oltre il 62% del consenso del popolo lombardo non abbiano colto il profondo richiamo che proprio noi della Lega insieme con i nostri alleati abbiamo fatto al rispetto ed all’applicazione della Carta Costituzionale. Questo dato l’ho voluto sottolineare con forza nel mio intervento in Aula perché è bene che tutti ricordino che la Costituzione è stata disattesa e tradita per oltre mezzo secolo proprio sul punto qualificante quanto democraticamente innovatore dei poteri normativi e dei relativi mezzi finanziari dei quali debbono disporre tutte le Autonomie Territoriali (Comunali, Provinciali e Regionali). Se ad oltre mezzo secolo dalla promulgazione della Costituzione siamo ancora qui a esigerne il rispetto e l’attuazione ciò avviene proprio a causa di quella slealtà costituzionale (così la chiamò un Maestro del Diritto come Piero Calamandrei) che è stata ed è tutt’ora prerogativa di quelle stesse forze politiche che oggi governano malamente e centralisticamente il Paese, fortunatamente non più la Lombardia.
Nel merito giuridico e costituzionale la decisione di indire un referendum consultivo per il trasferimento dallo Stato alla Regione delle competenze legislative esclusive in materia di sanità, istruzione anche professionale, polizia locale, è pienamente legittima. Questa iniziativa e la coerente decisione attuativa assunta dalla Lombardia si fonda su numerose norme, le quali prevedono, da un lato, la possibilità, in sede regionale, di procedere all’indizione di referendum consultivi “su provvedimenti interessanti popolazioni determinate, o su questioni di interesse regionale interessanti l’intero corpo elettorale regionale”. In questo senso le prescrizioni normative sono fuori di discussione. Basta qui richiamare l’art. 65 Statuto Regione Lombardia e, in ordine alla competenza statutaria in materia referendaria, l’art. 123 della Costituzione recentemente modificato in questo senso proprio dalla Legge Costituzionale n. 1/1999: «Lo Statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum (...)», con la precisazione che si attua nel nostro caso che il Consiglio Regionale «prima di procedere all’emanazione di provvedimenti di sua competenza può deliberare l’indizione di referendum consultivi delle popolazioni interessate ai provvedimenti stessi».
Non vi è chi non veda come proprio la circostanza che il Parlamento lombardo abbia deciso su materie già riconosciute di competenza regionale, ai sensi dell’art. 117 Costituzione, rende il nostro referendum del tutto ammissibile e tale da non comportare affatto, come qualcuno ha scritto, un qualsiasi “strappo lombardo” nei confronti della Costituzione. Semmai è proprio il contrario giacché per la prima volta un’Assemblea regionale eletta a seguito della mini-riforma costituzionale rappresentata dalla citata Legge Costituzionale n. 1/1999 chiede con tutta l’autorevolezza che le è propria che la Costituzione venga attuata in materia di autonomie e di autogoverno.
La premessa giuridica e la portata politica della nostra proposta di referendum consultivo riguarda dunque una competenza esclusiva della Regione nelle materie sottoposte al referendum ed è una iniziativa necessaria proprio nella prospettiva di un rafforzamento delle prerogative autonomistiche spettanti alla Regione e di organizzazione dal “basso” attraverso la consultazione del popolo di un primo modello federalistico e concreto di amministrazione e di gestione di alcune fondamentali materie che oggi sono arbitrariamente ed illegittimamente (alla luce degli artt. 5 e 117 Costituzione) ancora affidate alla competenza dei ministeri romani. Era troppo chiedere che almeno su una simile premessa di democrazia autonomistica, di sincero rispetto della legalità costituzionale e di attenzione ai sentimenti ed agli interessi popolari, l’intero Parlamento Regionale esprimesse un voto concorde? Hanno invece prevalso nelle opposizioni le ragioni corporative di chi vuole che nulla cambi e che, invece, poteri forti, oligarchie partitiche e sindacalismo “istituzionale”, clientelismo e dirigismo governativi, continuino a dominare i nostri vitali quanto tarpati ed umiliati territori e le loro laboriose ed intraprendenti popolazioni. Il popolo lombardo ha già parlato in forme eloquenti il 16 aprile scorso, noi che lo rappresentiamo e gli abbiamo giurato fedeltà non consentiremo che continui la manfrina governativa propria del cosiddetto centrosinistra e suoi assimilati che da vent’anni sforna costosissime Commissioni Parlamentari Bicamerali per riforme che non giungono neanche allo stadio di un progetto compiuto. Nell’ottica di degrado culturale e di passiva e rissosa inerzia che caratterizza la coalizione di potere che sorregge il governo degradando ed avvilendo la stessa vita politica ed istituzionale dell’intero Paese il Parlamento Regionale Lombardo - attraverso la maggioranza Lega Nord Padania e Polo delle Libertà che lo regge - ha giustamente ritenuto necessario reagire. Ha deciso, quindi, che la “devolution” - soluzione costituzionalmente dovuta alle Regioni - fosse posta all’ascolto ed all’attenzione delle popolazioni interessate attraverso un referendum consultivo che è strumento di partecipazione ben diverso dal referendum abrogativo previsto dall’art. 75 della Costituzione. Così in un quadro costituzionale italiano che non è affatto federalista ma - almeno sul piano puramente teorico - autonomista e regionalista, la Lombardia ha il merito di avere per prima aperto un processo di forte significato culturale e politico il quale, coniugando la democratica quanto pacifica rivoluzione “dal basso” con la “devolution”, sta preparando il passaggio profondamente rinnovatore a quel vero federalismo istituzionale e pluralista che rappresenta la sola garanzia di libertà e di sviluppo civile ed economico per i cittadini e le loro Comunità.

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