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Il commento
Con l'Insubria la storia diventa racconto comunitario

di Ettore A. Albertoni

È passata solo una settimana dalla inaugurazione della importantissima Mostra di Brescia “Il futuro dei Longobardi” (sulla quale ho avuto modo di scrivere “Il commento” di domenica scorsa) e debbo constatare con grande piacere che venerdì 23 giugno si è celebrato a Varese, nel Salone Estense del Comune, un altro evento di analogo significato.
Renzo Dionigi, Rettore della Università degli Studi della Insubria, ha offerto alla considerazione di un pubblico vastissimo quanto attento la sua ultima fatica intellettuale. Si tratta dello splendido libro di ricerca storica e geografica “Insubres et Insubria nella cartografia antica” (Nicolini Editore, Gavirate).
Con il corredo di 72 carte (la prima delle quali risale al 1477 e le ultime alla fine dell’Ottocento) che raffigurano il territorio popolato storicamente dai nostri più antichi progenitori, gli insubri appunto, Dionigi ha il merito di renderci visivamente e piacevolmente bene edotti a proposito dell’insediamento originario di queste popolazioni che, sembra, abbiano appartenuto al più antico ceppo celtico.
In questo modo la territorialità vivente e perdurante della Insubria storica ci viene con chiarezza e con grande gusto presentata secondo gli studi più aggiornati e più scientificamente e criticamente documentati. L’impianto della ricerca e della pubblicazione risulta davvero esemplare in quanto associa un enorme sforzo che attraversa molte discipline (storia, geografia storica, storia della editoria, archeologia, filologia, ecc.) ad una esposizione affabile e discorsiva che non può non coinvolgere anche il lettore non specialista. La cura tipografica del volume è, poi, raffinatissima quanto oggi ormai rara e ciò contribuisce a rendere l’opera ancora più attraente e piacevole.
Ho sempre insegnato ai miei studenti che la storia si studia avendo anzitutto una carta geografica sotto gli occhi. Questo Libro-Atlante di Renzo Dionigi ci offre, finalmente!, la possibilità di visualizzare e collocare l’Insubria nelle terre che, grosso modo, rispecchiano la seguente confinazione: «Nord, una linea che dalla sponda piemontese dell’estremità meridionale del Verbano giunge a Bergamo toccando Varese, Como e Lecco; Est, una linea che segue il corso del fiume Serio sino alla sua immissione nell’Adda e quindi quest’ultimo sino al Po passando per Pizzighettone, ma escludendo Cremona; Sud, il corso del Po sino alla confluenza del Ticino nei pressi di Pavia; Ovest, il corso del Ticino dalla sua uscita dal Verbano sino all’ingresso nel Po; nella parte più settentrionale il confine si addentra per alcuni chilometri in territorio piemontese» (Maria Teresa Grassi, cit. da Dionigi, p. 47).
Quando Carlo Cattaneo pubblicò le sue “Notizie naturali e civili su la Lombardia” (Milano, 1844) ritenne necessario aprire la parte più strettamente storica della sua ricerca ponendo l’irrisolto quesito: “Chi furono i primi abitatori dell’Insubria?”. A distanza di oltre 150 anni dalla comparsa di quel fondamentale testo cattaneano, il volume di Renzo Dionigi - supportato dalla cartografia storica che ho citato (e che si può ammirare anche in originale nella Mostra allestita nella Sala Veratti di Varese) - organizza con grande capacità di convinzione i dati della ricerca storico-antiquaria ed archeologica svolgendo un’opzione culturale che considero di grande attualità e degna della massima attenzione.
Ha scritto, infatti, Dionigi che ciò che è maggiormente significativo nella considerazione della rappresentazione grafica di una organizzazione storica territoriale è il fatto che “nello spazio geografico e storico rappresentabile in mappe non si coglie il mutare dell’ambiente fisico, ma quello degli insediamenti e dei rapporti umani” (p. 20). Penso che sia essenziale che di questa ricerca storica ed etno-antropologica - che è ormai ampiamente esplosa ovunque in Lombardia ma più in generale in tutta la Padania - sulle radici profonde delle nostre storie, culture e identità si sappia subito sottolineare l’importanza del “fattore umano” e di quello “comunitario” che lo completa e lo esalta. Questa ricerca, dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, non ha più un carattere erudito ed elitario ma, contro le false e mistificanti culture ideologiche e di puro potere, rispecchia un nuovo modo di sentire il valore e la funzione delle persone e delle loro aggregazioni sociali. Queste sono, prima di tutto, culturali e comunitarie; hanno radice profonda e tenacissima nel tempo e nello spazio.
Considero un autentico privilegio avere iniziato la mia attività di assessore regionale alle “culture, identità e autonomie della Lombardia” partecipando e portando il mio contributo culturale ed istituzionale ad eventi come questi che ho appena ricordato.
Longobardi a Brescia, Insubri a Varese, tra qualche giorno (7 luglio) a Como Longobardi della “Longobardia Minor” meridionale, Vichinghi, Normanni e Carolingi, dimostrano, infatti, come la cultura più consapevole del suo ruolo e del suo compito abbia colto sino in fondo il messaggio che da tanti anni il Movimento autonomista e federalista in politica, revisionista nel senso più rigoroso sul piano storico e culturale, ha posto e sviluppato con l’azione pragmatica e innovatrice dei suoi quadri politici e con l’opera dei suoi studiosi e dei suoi ricercatori. Il tema che abbiamo posto e che il mondo della cultura e delle società territoriali sta così egregiamente sviluppando in modo autonomo è quello della rilevanza imprescindibile del radicamento - del “local” - che è fatto di consapevolezza del passato storico e comunitario, per affrontare un “global” che non può assolutamente significare l’annientamento dei luoghi della memoria, del cuore, degli affetti e della ragione, accompagnato dalla massificazione appiattente ed umiliante della vita sociale e della organizzazione economica e produttiva.
L’azione istituzionale delle autonomie locali - in primo luogo di quella regionale - non può che essere solidale (finalmente un uso corretto del termine!) con tutti coloro che esprimono e sviluppano scelte innovative di ricerca e iniziative serie e propositive per cambiare la cultura.

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