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Nel 2001 il bicentenario della nascita del pensatore
milanese, maestro civile delle libertà padane
Cattaneo, il federalista che contestò il Risorgimento

di Ettore A. Albertoni
Assessore lombardo alle Culture, Identità e Autonomie

Tracciare una mappa, anche se necessariamente sintetica, delle idee dei pensatori politici italiani dell’Ottocento non è impresa semplice. Soprattutto se si cerca di uscire dalla vaghezza e genericità di molti, troppi, schemi interpretativi di impianto anche nobilmente propagandistico per cimentarsi, invece, sul terreno, assai più impervio, di una precisa e puntuale traduzione delle idee politiche generali in norme giuridico-costituzionali e, soprattutto, del loro coerente sviluppo in architetture e costruzioni di nuove e libere istituzioni pubbliche. Nel prossimo 2001 avremo modo di celebrare (finalmente!) in modo adeguato il secondo centenario della nascita di Carlo Cattaneo, il Maestro civile delle libertà lombarde e padane. Il grande pensatore democratico e federalista nacque infatti a Milano il 15 giugno 1801 e morì a Castagnola (Lugano) nel 1869. Nella libera Repubblica e Cantone del Ticino aveva trovato generoso asilo sin dalla fine del 1848 quando ormai l’eroica insurrezione lombarda del marzo - che non si era, purtroppo, trasformata in quella grande rivoluzione etico-politica che egli sognava - era, invece, già svanita nel nullismo e nell’incapacità dell’annessionismo sabaudo.
Nei giorni scorsi la città di Lugano, alla quale tanto diede Carlo Cattaneo in termini di insegnamento filosofico, civile ed economico, di magistero etico e politico, gli ha reso nella Biblioteca Cantonale un primo omaggio anticipatore dei maggiori e molteplici eventi in programma, sia in Lombardia che altrove, per l’anno prossimo. A cura di un autorevolissimo studioso del pensiero e dell’opera cattaneani, il varesino Luigi Ambrosoli, Il Rotary Club Milano Nord-Ovest ha pubblicato nella sua prestigiosa e preziosa Collana “Biblioteca di Cultura Lombarda” - ispirata e diretta da Dante Isella - due testi esemplari della ricerca del grande lombardo. Si tratta delle Notizie naturali e civili su la Lombardia e La città considerata come principio ideale delle istorie italiane. L’edizione particolarmente ricca di note e di apparati critici redatti anch’essi dal curatore Ambrosoli si presenta nella splendida quanto classica veste tipografica delle Edizioni Can Bianco-Niccolai Pistoia 2000. Occorre dire che non si poteva avere inizio migliore per una ricorrenza che  non può essere solo rievocazione scientifica e accademica, celebrazione formale ma che dovrà, piuttosto, segnare un serio quanto vasto, approfondito e qualificato accostamento a una figura troppo citata quanto davvero troppo poco conosciuta. Occorre ritornare dunque a Cattaneo come a una fonte luminosa di energia intellettuale, politica e morale capace davvero di illuminare ancora le nostre menti ed i nostri cuori. Cattaneo, allievo prediletto di Giandomenico Romagnosi (1761-1835) tanto da essere chiamato la “pupilla” dei suoi occhi, studioso dagli sconfinati interessi e dalle più vitali curiosità, svolse anche nella congiuntura storica del 1848 e per una breve stagione un attivo ruolo politico nella vittoriosa direzione dell’insurrezione popolare di Milano, durante la fase finale e conclusiva delle gloriose Cinque Giornate. Il pensiero di Cattaneo, svolto sempre  in forme snelle, incisive e rivolte a molteplici campi del sapere, seppe ricongiungere - con originalità e grande capacità creativa e propositiva in una prospettiva innovatrice e liberalizzatrice - l’elaborazione filosofica e civile settecentesca lombarda dei Verri e di Beccaria all’insegnamento del suo maestro Romagnosi, al quale volle ricollegare anche il più moderno pensiero economico e politico francese e inglese. Espressione di un orientamento che era consapevolmente borghese e, perciò, radicalmente riformatore sul piano politico ed istituzionale, Cattaneo fu in Italia il padre del federalismo democratico e contestò da posizioni democratiche e borghesi la concezione mazziniana dell’unità come mito e missione, non meno che la prospettiva dinastica di Casa Savoia rivolta alla conquista regia dell’intera Italia. Il pensiero cattaneano - proprio per la verità dei suoi interessi e gli stimoli che raccoglie e, a sua volta, offre come conseguenza di tante sollecitazioni intellettuali e operative - ha assunto una portata tale da apparire del tutto svincolato dai condizionamenti emotivi e messianici propri di mazziniani e neoguelfi. Se si volesse affrontare una comparazione tra l’opera cattaneana ed altre nella mappatura del pensiero politico ed istituzionale fiorito in Italia nel XIX secolo si potrebbe, semmai, accostarlo per la sua maturità concettuale al cattolicesimo liberale di Rosmini dal quale sul piano dei valori e dei contenuti diverge in forme radicali ma che, tuttavia, gli è affine per la capacità di disegnare scenari politico-istituzionali e progettazioni costituzionali e civili di grande momento. In ogni caso poco limitati dalle contingenze delle diverse stagioni della storia e della politica. Non è dubbio che Cattaneo sia arrivato alla “primavera dei popoli” nel 1848 con un bagaglio culturale, filosofico, giuridico e politico di grande spessore concettuale e culturale. Dopo che si esaurì la fase rovente dello scontro armato, fu un testimone assai acuto di tutte le contraddizioni che operarono nell’anno rivoluzionario per eccellenza. Al riguardo offrì una memoria interpretativa molto importante e ancora oggi estremamente illuminante con il breve scritto “L’insurrection de Milan” (Parigi, 1848) e che, successivamente, arricchì con le “Considerazioni sulle cose d’Italia nel 1848” (1850-1855). A proposito della elaborazione  cattaneana vale ancora, almeno a mio parere, il netto giudizio che Piero Gobetti (1901-1926) espresse nel suo classico saggio “La rivoluzione liberale” (1924) con una capacità di sintesi oggi attualissima e valida: «Cattaneo è stato il solo realista fra tanti romantici e teorici... se la forza dinamica del suo pensiero è stata nel secolo scorso meno esuberante di quella del Mazzini, il suo spirito ci appare ora meno indeterminato e meno vaporoso; la sua figura è più ricca di insegnamenti, la sua eresia politica può presentarsi ancora come un programma, i suoi scritti non sono diventati illeggibili come i doveri dell’uomo». Sarà opportuno partire da questa capacità di leggere l’essenza perenne della originalità e della concretezza cattaneane per ridare al nostro grande pensatore quel ruolo centrale e fondamentale che gli spetta, ma che sempre la cultura retorica, nazionalista ed autoritaria gli ha negato.

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