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Democrazia autonomista nell'Europa dei popoli

di Ettore A. Albertoni

La costruzione di nuove forme di democrazia - autonomistica, federalista, liberalizzatrice ed innovatrice - in Europa è problema che si pone ormai con massima urgenza visti gli esiti non certo esaltanti di alcune soluzioni adottate dall’Unione Europea sia a livello strategico che di amministrazione.Evidentemente mi riferisco - essendo sotto gli occhi di tutti la situazione sempre più difficile dell’euro - alle profonde e crescenti difficoltà della moneta unica europea che svelano in questo modo le troppe astrattezze ed illusioni del potere monetario e bancario (la bancocrazia di Bruxelles). Anche se rilevante non penso, però, solo a questo. Ad esempio, “l’affare della cioccolata” conferma l’esistenza di una pericolosissima tendenza al dirigismo da parte dell’Europa-Apparato e delle sue tecno-burocrazie, ossia delle burocrazie che su basi “tecniche”, pretese neutre, hanno assunto nel tempo sempre maggiori ed incontrollati poteri. Si vuole disciplinare ogni cosa in forme non solo minuziosamente regolamentari ma addirittura uniformanti ed appiattenti.
Queste scelte già oggi comportano l’affermarsi a livello di Unione Europea di modi di governo e di amministrazione centralizzatori e burocratici che allo Stato appaiono, purtroppo, del tutto carenti di reali contrappesi e bilanciamenti e correttivi autenticamente democratici. È certo che simili modi di procedere e di disporre non possano garantire le basi essenziali delle libertà dei popoli europei e delle loro terre che sono: l’autogoverno, inteso come responsabilità dei governanti e partecipazione dei cittadini, e la sussidiarietà come rifiuto di ogni dirigismo e come, invece, affermazione di differenziazione pluralista dei diversi livelli di governo territoriale e sociale.
Questa tecno-burocrazia di Bruxelles ci pone, quindi, di fronte a scelte che contrastano sicuramente ed in modo radicale con una corretta e condivisibile interpretazione del processo di costruzione europea.
Quest’ultima va, infatti, considerata come un percorso mirato a coniugare le più ampie e garantite libertà con altrettanto ampie differenziazioni territoriali e sociali che nascono da storie, diritti ed economie distinti e tutti degni di rispetto e salvaguardia. La inaccettabile spinta verso l’uniformità e l’omologazione non può, invece, che preoccupare. Da qui la necessità di orientare la ricerca, gli studi e gli approfondimenti sugli aspetti storici e politici, giuridici ed economici di questa odierna ed assai complessa situazione europea. Studiare per operare e decidere in modo diverso rispetto a quanto avviene. Per una prima valutazione critica e propositiva dell’intera tematica propongo in sintesi un primo tema sul quale riflettere e discutere con un approccio metodologico interdisciplinare e multidisciplinare che è indispensabile giacché esso si pone entro un crocevia di sollecitazioni e di passioni che investono insieme le storie, i diritti e le economie. Il tema è quello della Comunità Politica oggi e presenta due aspetti strettamente connessi. Occorre, anzitutto, tenere sempre presente che il punto centrale della crisi politica contemporanea consiste nel costante deperimento dello Stato-Nazione. Contemporaneamente occorre comprendere che dalle ormai gravissime insufficienze del centralismo degli Stati nazionali sta emergendo quale alternativa culturale, istituzionale e politica un disegno di ristrutturazione e di nuova qualificazione di Comunità territoriali, politiche e sociali, complesse come sono quelle contemporanee.Una ristrutturazione di poteri e di libertà che, primariamente, nei Cantoni Svizzeri e, poi, nelle Comunidades Autonomas spagnole, nei Laender germanici ed austriaci, nelle Comunità e Regioni belghe, nelle “devolutions” di Scozia, Galles e Irlanda del Nord e, in misura più ridotta anche nelle Regioni italiane, sta assumendo forme sempre più precise e motivazioni adeguate alle necessità di un mondo caratterizzato ormai ed in forma definitiva dal pluralismo culturale e decisionale e dalla varietà rispetto all’uniformità. Un mondo proteso verso la pratica di libertà plurali e concrete e che trova insopportabile ogni dirigismo centralizzatore ed invadente sia esso nazionale o europeo. Enormi mutamenti sono intervenuti, dunque, nella struttura e nell’ordinamento dello Stato-Nazione. Quest’ultimo ha rappresentato storicamente il modello peculiarmente europeo - segnatamente francese - di organizzazione politica e costituzionale più compiuto sia dal punto di vista ideologico e dottrinario che da quello della funzionalità e della potenza. Tuttavia questa forma di contrapposizione politica della Comunità ha perso - e sempre più sta perdendo - una grande parte del suo prestigio, della sua identità, del suo ruolo e delle sue stesse funzioni. Infatti le nuove forme di organizzazione sovranazionale come, ad esempio, l’Unione Europea hanno già notevolmente ridotto la stessa efficacia e vigenza della sovranità nazionale, ossia della formula ideologica e politica che dalla fine del 1700 in poi - con la Rivoluzione Francese e la fine dell’antico regime e con la riorganizzazione dello Stato realizzata da Napoleone I dall’inizio dell’Ottocento - ha rappresentato la legittimazione di questo tipo di Stato moderno. A questa rilevante limitazione di poteri va aggiunto l’ulteriore e concomitante fatto che all’interno dei singoli Stati esistono ed operano ormai molteplici e radicati movimenti popolari e democratici di forte orientamento autonomistico e federalistico, rivolti tutti ad ottenere seppure con gradazioni diversificate l’instaurazione di forme effettive di auto-governo, di auto-sufficienza economica attraverso una congrua disponibilità al gettito fiscale prodotto sul territorio o di auto-amministrazione. In tempi e con modalità distinte tutti questi movimenti stanno - dalla base territoriale delle singole realtà culturali, sociali e produttive nelle quali si collocano ed operano - contrastando ed erodendo sempre di più la centralizzazione autoritaria e burocratica che ha costituito e che ancora per gran parte costituisce la natura essenziale dello Stato nazionale. Questa azione dei movimenti anticentralisti ha condotto quasi ovunque in Europa alla formazione di istituzioni territoriali più o meno forti di autonomia e, comunque, alla apertura anche nelle situazioni di maggiore radicamento ed efficacia della centralizzazione (come avviene in Francia) di processi di “decentramento” che rappresentano, comunque, un primo passo verso quelle autonomie delle Collettività territoriali che sono state solennemente riconosciute dalla “Carta Europea della autonomia locale”, di Strasburgo (1985) come “uno dei principali fondamenti di ogni regime democratico”. La ormai diffusa e matura consapevolezza del dato assai rilevante che lo Stato nazionale è destinato a continuare ad essere drasticamente quanto costantemente ridimensionato sia “dall’alto” che “dal basso” non è privo di conseguenze. È, infatti, ormai palese l’ineluttabilità di un processo storico, giuridico ed economico assai preciso ed in pieno svolgimento. Preme anche sottolineare che lo Stato nazionale nient’altro rappresenta se non l’ultima versione dell’organizzazione politica “moderna” - stabile, potente, burocratizzata e domina-trice della società - che ha preso forma dall’inizio del 1500 con i grandi Assolutismi monarchici europei che hanno concretamente costruito nella storia e nel diritto lo Stato quale lo conosciamo. Questa ultima versione di una concezione delle maggiori sovranità e statualità europee è entrata irrimediabilmente nella sua fase declinante dalla metà del 1900 ad oggi in concomitanza con la fine dei grandi Totalitarismi ideologici (nazionalsocialista, fascista e comunista sovietico) che avevano portato alla più drammatica e cruenta esasperazione la centralizzazione autoritaria che è intrinseca nella natura e nello sviluppo dello Stato moderno nella sua forma nazionale ed imperialista del XIX e XX secolo. La crisi dello Stato nazionale in questa sua più intensa e dominatrice forma ideologica ha rappresentato in modo precipuo un notevole quanto irreversibile indebolimento di ogni concezione (anche democratica) del potere statale e politico. In luogo del monocentrismo piramidale dello Stato nazionale è in numerosissimi casi fiorita un’ampia gamma di istituzioni pluraliste “a rete” che debbono essere studiate scientificamente e rafforzate politicamente. Esiste, quindi, un percorso dottrinario e pratico-politico da elaborare e costruire che ha come suo centro qualificante ed inderogabile i popoli ed i loro territori. Dalla polis greca allo Stato moderno la territorialità ha, infatti, caratterizzato sempre la Comunità Politica. Il pensiero politico e giuridico - da Aristotele a Machiavelli, da Bodin ad Altusio, da Montesquieu a Kant e sino ai nostri giorni - ha colto costantemente lo strettissimo nesso che esiste tra le dimensioni del territorio, lo spazio delle libertà e quello dello sviluppo, del buongoverno e del benessere. La sfida della moderna complessità - territoriale e di funzioni - consiste nel costruire entro la trama di una globalizzazione tecnologica, produttiva e comunicativa una vera democrazia fondata sulle autonomie territoriali e di funzioni a partire dagli spazi fisici, culturali, sociali e produttivi d’Europa. Tutto ciò per andare oltre l’obsoleta sovranità nazionale e superare la pericolosissima crisi dello “Stato-Nazione” che perdura e paralizza. In questo orizzonte di libertà operosa e partecipata ogni Popolo ed ogni Regione dovrà spiegare appieno la sua soggettività e contrapporre la sua identità e la sua storia ad ogni mortificante omologazione.

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