Il commento Anche per la Giustizia non basta il decentramento di Ettore A. Albertoni |
Molto opportunamente la Padania di ieri ha dato ampio spazio alla
Lettera aperta di un eminente avvocato come Carlo Taormina sui guasti della
centralizzazione politica e sulla necessità del suo superamento costituzionale. Come ben
sanno i nostri lettori da anni mi batto su queste stesse libere colonne perché sia ben
chiaro che qualsiasi decentramento nulla ha a che fare con le
autonomie le quali, a loro volta, rappresentano solo la premessa per il
federalismo. Federalismo, ovviamente inteso come autodeterminazione di popoli
e loro autogoverno. Teniamo pure in piena e leale considerazione lattuale assetto costituzionale, ma diamo anche molta attenzione al lessico tecnico-giuridico che impieghiamo e che, soprattutto, usa la Costituzione vigente. Reputo che abbia senzaltro ragione Enrico Cavaliere, neo Presidente del Consiglio regionale veneto, quando ha sottolineato a commento della Lettera aperta che anche in interventi assai qualificati sul piano specialistico, come quello di Carlo Taormina, vi è ancora una dissociazione concettuale e culturale tra pur importanti ed urgenti proposte di riforma - ad esempio in materia di giustizia e di pubblica sicurezza - e la priorità imprescindibile di un radicale cambiamento che può essere unicamente costituzionale, rivolto cioè a definire nuove regole per la ricostruzione delle Comunità politiche sulle libertà federali e sulla liberazione delle forze economiche e sociali dalle maglie dello statalismo. Al riguardo solo il Movimento leghista e padanista in questi anni ha posto il federalismo e le libertà che realizza e garantisce come obiettivo di una riforma necessaria ed urgente della vita politica e costituzionale del Paese. Occorre in particolare tenere presente che lattuale ordinamento italiano si caratterizza per il suo carattere repubblicano fondato esclusivamente sulla sovranità popolare. La Repubblica non è lo Stato centrale ma è lordine politico scelto a suo tempo dal popolo e che in ogni sua parte è riformabile e rivedibile in tutti i suoi 138 articoli (su 139) e nelle XVIII Disposizioni transitorie e finali. Solo per lultimo articolo, il 139, la Costituzione ha espressamente previsto che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Tutto quindi è possibile sul piano costituzionale, nel rispetto delle regole che pure possono (e devono) essere anchesse cambiate. In questo disegno di libertà (al plurale) e di forte mobilitazione morale e politica contro il degrado che ci sta soffocando occorre non perdere mai di vista lobiettivo strategico: il cambiamento urgente. Per fare questo occorre impiegare un lessico politicamente chiaro e costituzionalmente ineccepibile, in forza del quale la Repubblica siamo tutti noi cittadini, popolo sovrano, insieme con le nostre Comunità/Istituzioni politiche (Comuni, provincie e Regioni) e le nostre Autonomie funzionali (Università, Camere di Commercio, scuole). Non esiste, perciò, uno Stato centrale altro e superiore alla Repubblica, cioè a noi ed alle nostre libertà e autonomie. Nessuno nega che esista anche il Governo centrale che ha un posto preciso nellordinamento repubblicano. Tuttavia esso deve essere concepito come una componente importante dello stesso ordinamento repubblicano e non già un vertice infallibile ed autocratico, sovrapposto ai centri democratici e territoriali di quel potere autonomistico che promana da un principio fondamentale della Carta Costituzionale (art. 5). Autonomie, devoluzione e federalismo segnano, quindi, le tappe precise di una cultura e di una volontà politica che vede nella Lega Nord - Padania il suo centro propulsore e che oggi raccoglie un più ampio arco di forze che - nella salvaguardia dei rispettivi valori e delle rispettive storie, tradizioni, bandiere, interessi - hanno un obiettivo preciso: iniziare la riforma costituzionale dalle Regioni espresse dal voto popolare del 16 aprile scorso. Esse dovranno varare Statuti che siano garanzia di devoluzione e di autonomia e premesse più avanzate e sicure per la realizzazione del federalismo. Questo, daltronde, si sono impegnati a fare nel Nord i candidati presidenti del Polo il 17 febbraio scorso. Quattro di loro governano oggi rispettivamente Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria e ciò grazie allimpegno leale e risoluto della Lega Nord - Padania, dei suoi dirigenti, dei suoi militanti e dei suoi eletti nelle sedi istituzionali regionali. Ciò è avvenuto sul piano della cultura istituzionale grazie allo sviluppo di una progettualità politica ed istituzionale che è stata elaborata dalla Lega e della quale tutti incominciano a capire limportanza. Allo scopo appare più che mai utile rivisitare, ad esempio, il lavoro del Libero Parlamento della Padania da Mantova ad oggi. Se si parla concretamente di devoluzione e di federalismo partendo dallimpianto autonomistico e regionalistico della Costituzione vigente, lo si deve al Movimento leghista e padanista; oggi al movimento leghista e padanista ed ai suoi alleati. La strada tracciata è chiara ma queste annotazioni sarebbero del tutto incomplete se non sottolineassi che senza recuperare alla dimensione delle libertà e del cambiamento anche il Governo Centrale il risultato sarebbe incompleto e alla fine, temo, assai deludente. Occorre non dimenticare mai che il governo Amato-Cossutta è figlio degli intrighi dei Palazzi romani e della disinformazione di regime. È anche il padre della stagnazione economica, del denegato sviluppo, dellimpoverimento crescente di lavoratori ed imprese. Questo governo deve andarsene al più presto perché, pur delegittimato in ogni modo, fa bottega, clientela e menzogna ogni giorno che passa. Un dato preciso di cultura istituzionale e di moralità politica deve essere anche questo e devono averlo costantemente presente tutti i presidenti delle Regioni governate da quello che ormai è il Blocco dei federalisti e dei produttori: nessun compromesso, nessun minuetto istituzionale può essere possibile con chi ci sgoverna e ci prospetta un avvenire di umiliazione delle libertà e dello spirito di modernizzazione e rinnovamento, di miseria economica e morale. |