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http://www.confesercenti.it/newfed97.htm

IL FEDERALISMO POSSIBILE:
le proposte Confesercenti
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Luglio 1997

Premessa

La Riforma Costituzionale

La Riforma Fiscale

La Perequazione

Nuove risorse per gli investimenti locali

Le Proposte

Tavole


Premessa Sommario

Nel Dicembre del 1995 la Confesercenti aveva elaborato una propria proposta di Federalismo fiscale, pubblicato sul numero dell'OECT - Osservatorio Economico del Commercio e del Turismo.

Nel corso dell'anno e mezzo trascorso, molti avvenimenti politico-istituzionali hanno, da un lato dato ragione ad alcune intuizioni ivi contenute, dall'altro hanno reso necessario un adeguamento delle proposte presentate e dello schema generale di riferimento.

Pertanto, il presente rapporto cerca di tener conto, a partire da quanto elaborato in precedenza, delle novità apportate alla riflessione ed agli sviluppi istituzionali, in tema di federalismo, dalla Commissione bicamerale, dai provvedimenti Bassanini, dalle Deleghe del Ministro delle Finanze in tema di introduzione dell'imposta locale sulle attività produttive e degli altri orientamenti emersi nel Parlamento, Governo ed Enti Locali.


1. La riforma costituzionale
Sommario

Il federalismo, cioè uno Stato nel quale siano pienamente valorizzate le autonomie locali, è un obiettivo da perseguire con gradualità e realismo. In questa direzione si muove il testo approvato dalla Commissione bicamerale per le riforme istituzionali. La riforma proposta stabilisce che il governo centrale assume solo le funzioni e le competenze che non possono essere esercitate efficacemente in periferia. Alle regioni saranno attribuite tutte le funzioni, con eccezione per la politica estera, la difesa, la moneta, le leggi elettorali, il bilancio, il fisco, l'ordine pubblico, la giustizia, che resteranno di competenza dello Stato centrale.

Questo significa che lo stato centrale avrà competenza legislativa in materia generale e nei rapporti con altri stati e confessioni religiose. Dovrà anche occuparsi di difesa nazionale, di sicurezza pubblica, dei diritti pubblici soggettivi (diritti fondamentali; diritti e doveri della famiglia; diritti sindacali e di sciopero; diritto di associazione politica, di accesso agli uffici pubblici) di ordinamento giudiziario e degli organi ausiliari, quali il CNEL e il Consiglio di stato; di ordinamento della giustizia civile, penale, amministrativa, tributaria e contabile; dell'ordinamento civile e penale, nonché delle sanzioni penali. Avrà anche, com'è naturale, piena competenza legislativa in materia di contabilità dello Stato, moneta, attività finanziarie e credito sovraregionali, di tributi statali, di programmazione economica generale e azioni di riequilibrio.

Secondo il progetto di riforma della Costituzione, la Regione ha competenza legislativa, esclusiva o concorrente, in ogni altra materia. Nelle materie in cui le Regioni non hanno una competenza legislativa esclusiva, e quindi Regioni e Stato sono "in concorrenza", quest'ultimo potrà fissare con leggi organiche i principi fondamentali.
Il federalismo non deve essere strumento di divisione del paese, ma di solidarietà ed emancipazione delle aree più povere e potrà essere attuato soltanto attraverso un nuovo sistema di rapporti finanziari centro-periferia. È inevitabile infatti che nei prossimi anni i nuovi compiti attribuiti dalla Costituzione riformata e dalla legge a regioni, comuni e province richiedano una rilevante crescita delle risorse intermediate, ed una dinamica di incremento della spesa a tassi superiori all'aumento della spesa pubblica del settore statale, che dovrà inoltre scontare la riduzione delle funzioni da trasferire.


È opportuno ricordare che in Italia il volume di risorse complessivamente intermediate (entrate più spese) dalle amministrazioni locali (regioni, enti sanitari, assistenziali ed economici, comuni e province) è pari nel 1996 al 27,6% del prodotto interno lordo (517.000 miliardi di lire). Le entrate correnti nel 1996 sono pari a 243.995 miliardi; quelle in conto capitale sono pari a 16.663 miliardi. Le uscite sono pari a 216.706 miliardi per la parte corrente ed a 40.283 miliardi per le spese in conto capitale. Di queste, 30.533 miliardi sono costituiti da investimenti diretti e 8.977 miliardi da contributi agli investimenti. Il saldo di parte corrente è positivo per 27.289 miliardi ; quello in conto capitale è negativo per 23.650 miliardi. L'avanzo di bilancio è pertanto pari nel 1996 a 3.639 miliardi. I finanziamenti alle amministrazioni locali provengono dal bilancio statale (nel 1996 trasferimenti pari a 157.018 miliardi), dalla Cassa Depositi e Prestiti (nel 1996, mutui per 5.665 miliardi), dal sistema bancario (nel 1996, prestiti per 2.799 miliardi).


Un'indagine di SWG per Confesercenti con interviste a commercianti del Nord-Est mette in luce che solo il 14,4% degli intervistati è favorevole alla secessione, mentre il 45,4% sottolinea che le istanze separatiste pongono in modo sbagliato esigenze giuste. In particolare, il 76% degli intervistati ritiene che il fisco sia il maggiore ostacolo allo sviluppo, mentre un terzo (il 34%) attribuisce tale ruolo negativo all'eccessivo numero di leggi.

È indubbio che se nel futuro sarà la dimensione territoriale a costituire il terreno di sfida della competitività, il sostegno alle attività produttive dovrà venire da una pubblica amministrazione più efficiente e soprattutto vicina alle esigenze locali. Non è casuale pertanto che, invitato ad indicare i rimedi, il 47% degli intervistati dalla SWG richiede più poteri alle regioni e il 29% più poteri ai comuni.
La crescita degli ambiti di autogoverno è inoltre il modo più efficace e diretto per estendere la democrazia e la partecipazione, garantire la moralità pubblica, rendere più trasparenti e responsabili le decisioni. L'esigenza di fondo è certamente accrescere il controllo sociale sugli orientamenti politici e sulle scelte fiscali, per offrire spazi di azione più ampi ed efficaci all'impresa ed alla libera iniziativa.
La Commissione bicamerale ha peraltro individuato una formula equilibrata, che evita il prodursi di un nuovo centralismo, quello regionale, a scapito degli ambiti comunali. Permane tuttavia l'esigenza di attuazione della normativa sulle aree metropolitane e di riforma del sistema dei servizi pubblici locali, che risente dell'eccessiva frammentazione territoriale delle amministrazioni locali (nel nostro paese 5 amministrazioni su dieci hanno meno di diecimila abitanti) e degli sprechi delle società municipalizzate.

Queste ultime presentano alti costi, a fronte di una cattiva qualità dei servizi offerti. Lo strumento per migliorare l'impianto autonomista appare quello relativo al concetto di sussidiarietà nell'ambito dei pubblici servizi. Il principio di sussidiarietà è stato posto, con il Trattato di Maastricht, alla base della costruzione della Comunità, e dovrà essere applicato ai singoli paesi che ne fanno parte. Il testo varato dalla Commissione prevede che gli enti locali (e per gradi, la regione) svolgono i servizi di carattere pubblico che non possono essere esercitati efficacemente dai soggetti privati. In altri termini, si introduce un criterio generale che dovrà consentire, nei prossimi anni, la progressiva privatizzazione dei servizi e la riduzione dei costi gravanti sulla collettività.

Il trasferimento di funzioni ed anche l'attribuzione di nuove imposte creeranno prevedibilmente un fabbisogno di personale. Assieme a questo, l'attenuazione del blocco del turn over nel pubblico impiego - rilevabile nella risoluzione parlamentare che ha approvato il DPEF 1998-2000 - potrebbe dar luogo ad una forte espansione di nuove assunzioni di personale nelle regioni ed enti locali. Per questo, la Confesercenti propone che al federalismo dovrà seguire anche il decentramento di personale, necessario per svolgere le nuove funzioni, con corrispondente riduzione di personale nei Ministeri.


2. La riforma fiscale Sommario

Le regioni, che dovranno dotarsi di un proprio Statuto e di una propria legge elettorale, potranno finanziarsi con tributi propri, istituiti con leggi regionali, sulla base di principi stabiliti dal Parlamento. Alle regioni spetterà una quota dei tributi nazionali riscossi sul proprio territorio, oltre ad un "aiuto" statale, effettuato attraverso un fondo perequativo.

Le linee generali del nuovo disegno costituzionale coincidono con le proposte da tempo formulate dalla Confesercenti in merito al decentramento ed alla riforma fiscale ed economica connessa al federalismo. In sintesi, la Confesercenti ritiene che per realizzare un sistema funzionale ai nuovi rapporti tra Regioni e Stato centrale è necessario:

  1. attribuire nuove funzioni agli enti regionali e locali: attività produttive (sostegno piccole e medie imprese industriali, credito al commercio), politica della casa, trasporti, occupazione;
  2. assegnare piena responsabilità dei poteri regionali nella gestione dei bilanci e nella raccolta delle risorse finanziarie;
  3. avviare una riforma fiscale che preveda, a parità di pressione fiscale per i contribuenti: la devoluzione delle imposte di consumo alle regioni; l'attribuzione di alcuni tributi erariali e di imposte ambientali alle regioni e province; attribuzione di autonome entrate ai Comuni.

L'aumento della compartecipazione a tributi erariali risponde alla necessità di finanziare le nuove funzioni, tra cui il commercio, l'industria, l'assetto urbanistico del territorio, i trasporti, l'istruzione. In sostanza, secondo la Commissione Bicamerale attribuisce alle nuove Regioni competenza piena, oltre che sulle attuali materie, anche su nuove materie che comportano un volume di spesa pari a 160-170.000 miliardi. Questo deve indurre a due conclusioni. Da un lato le risorse trasferite devono corrispondere a risparmi di pari entità nel bilancio del settore statale. Dall'altro, per allentare il vincolo di bilancio ed evitare nuovi inasprimenti fiscali a danno delle imprese e dei cittadini, per gli enti locali sarà inevitabile un più esteso ricorso a canali di finanziamento alternativi (mutui con istituti di credito locale, operazioni in project financing, emissione di prestiti obbligazionari).
L'esigenza di una riforma del sistema fiscale coerente con questo processo impone il superamento del tradizionale sistema misto. Non si tratta più solo di ripartire in modo ottimale trasferimenti statali ed entrate proprie - per stabilire la migliore combinazione tra mezzi propri e risorse derivate - ma di attribuire sempre maggiore autonomia di gestione e piena responsabilità amministrativa e contabile alle Regioni. La possibilità di disporre di risorse certe garantisce quella flessibilità che la gestione del territorio richiede e consente anche maggiori possibilità di manovra ai fini dell'equilibrio di bilancio. Al tempo stesso, la spesa per i servizi offerti all'utenza non può più essere una variabile indipendente dal volume delle risorse disponibili proprie e derivate, ma deve essere determinata in funzione del grado di pressione fiscale sostenibile dalle collettività amministrate.

Inoltre, per realizzare compiutamente i principi di sussidiarietà previsti dal Parlamento, alle regioni dovrà essere attribuita ampia autonomia nella gestione finanziaria, attraverso una radicale riforma della politica economica e degli strumenti di bilancio delle regioni e degli enti locali.
Un'occasione per assicurare maggiore concretezza all'ipotesi di piena autonomia fiscale e di bilancio sarà il varo del decreto attuativo e la prima applicazione sperimentale dell'IRAP, un'imposta che non risolve i problemi perequativi tra le varie regioni, ma rischia in qualche misura di aggravarli. Le controindicazioni non si fermano qui. Mentre si discute di ridurre la pressione fiscale sul reddito, caratterizzata da ridotte basi imponibili ed aliquote eccessivamente onerose, l'adozione di alcune addizionali regionali e locali all'IRPEF - previste per il 1999 - irrigidirebbe ulteriormente l'imposta personale, privando l'Erario di ragionevoli spazi di manovra per attenuare il prelievo, come previsto dal DPEF 1998-2000.


La riduzione dei trasferimenti, l'attribuzione di nuove funzioni, le cattive politiche di bilancio potrebbero determinare un progressivo aumento della pressione fiscale degli enti locali sulle attività produttive.

La Confesercenti propone che il livello massimo della pressione fiscale centrale e locale sia definito con il DPEF e la legge finanziaria. La possibilità degli enti locali di stabilire a discrezione il livello delle aliquote delle varie imposte e delle addizionali deve essere contenuta entro limiti massimi stabiliti dalla legge. La Confesercenti chiede inoltre la riduzione drastica del numero dei tributi, anche per rendere più razionale ed efficace l'esazione e l'accertamento, e la semplificazione degli adempimenti a carico dei contribuenti per evitare ulteriori aggravi o duplicazioni derivanti dal nuovo sistema impositivo.


3. La perequazione
Sommario

La maggiore autonomia tributaria, assieme alla riduzione dei trasferimenti, può determinare una sperequazione tra regioni ricche e regioni povere. È pertanto necessario stabilire uno standard medio uniforme su tutto il territorio nazionale nell'offerta dei servizi-base, con l'istituzione di un fondo perequativo a favore delle regioni più povere.
La distribuzione territoriale della spesa dello Stato è fortemente sperequata. Uno squilibrio difficilmente colmabile con l'attuale struttura della spesa, centralizzata e commisurata non ai bisogni, ma alla capacità di spesa delle singole amministrazioni, oppure a parametri "storici", come nel caso della finanza locale.

La riforma della finanza regionale e locale consentirà alle regioni povere di disporre di risorse più congrue, da destinare al riequilibrio dei servizi e della dotazione infrastrutturale. E' inoltre opportuno stabilire una "riserva", in percentuale, della spesa discrezionale dello Stato, da destinare al riequilibrio territoriale a favore delle aree depresse e a ritardo di sviluppo. A tal fine sono necessarie certezza delle risorse e trasparenza nella destinazione delle stesse, anche attraverso opportune modifiche ai documenti di bilancio ed alla relazione previsionale e programmatica.
Per sottrarre l'autonomia regionale alla discrezionalità dell'esecutivo, è necessario attribuire alle regioni "quote" di tributi erariali, come l'imposta di fabbricazione sugli oli minerali e l'IRPEF.

Il decentramento delle facoltà di spesa e di entrata a favore degli enti locali secondo l'ipotesi di riforma fiscale della Confesercenti può favorire la riduzione del debito pubblico con un ruolo attivo degli enti territoriali. La quota del gettito dell'imposta sugli oli minerali, che dovrebbe attribuita a ciascuna regione, dovrà essere versata al netto di una somma in proporzione all'ammontare degli interessi su titoli pubblici pagati in ciascuna regione. Si effettua così una manovra perequativa, che attenua le distorsioni derivanti dalla distribuzione territoriale del debito pubblico.


4. Nuove risorse per gli investimenti locali Sommario

I vincoli della finanza pubblica rendono necessaria inoltre una nuova programmazione dell'attività amministrativa e degli investimenti locali, nonché dei progetti di sviluppo territoriale consentirebbe un più sicuro equilibrio finanziario nel medio periodo, oltre alla possibilità di impostare una migliore programmazione settoriale e nuove soluzioni operative e finanziarie nello sviluppo territoriale. Tra gli obiettivi di questa nuova politica, anche l'accesso in tempi rapidi a contributi ed agevolazioni finanziarie erogate dallo Stato italiano e dalla Comunità Europea utilizzando, per ciascuno dei principali settori di investimento nuove forme di finanziamento, alternative ai trasferimenti centrali.

Una novità è rappresentata dall'emissione di titoli obbligazionari (BOC, BOR, BOP) da parte di enti territoriali, prevista dalla legge 23 dicembre 1994, n.724. Possono deliberare l'emissione di prestiti obbligazionari regioni, province, comuni, unioni di comuni, comunità montane (articolo 28 L. 142/90), consorzi tra enti locali territoriali (comuni e province). Sono escluse le aziende speciali (acqua, luce, gas) che, peraltro, hanno la possibilità di finanziarsi con prestiti, anche obbligazionari, ai sensi degli artt. 45 e 46 del DPR 902/86.

Gli enti locali possono deliberare l'emissione dei prestiti obbligazionari solo dopo l'approvazione del progetto o del piano esecutivo dell'investimento oppure, nel caso di opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici a rilevanza imprenditoriale, del piano economico-finanziario.

La nuova normativa consente agli enti territoriali di contrarre prestiti obbligazionari destinati esclusivamente al finanziamento degli investimenti; è espressamente stabilito il divieto di finanziare spese di parte corrente. Il tasso di interesse sui nuovi titoli della finanza locale non può superare in misura superiore ad un punto percentuale il rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata.
Sono esclusi dall'emissione di BOC i comuni e le province in situazione di dissesto o in situazioni strutturalmente deficitarie e le regioni con disavanzi di amministrazione. L'articolo 37 della legge 724 prevede una deroga per gli enti in stato di dissesto. Un comune in stato di dissesto potrà emettere BOC solo se il suo bilancio è in attivo da almeno due anni, dopo l'avvio del procedimento di riequilibrio. Devono essere inoltre interamente ripianati gli eventuali disavanzi di gestione dei servizi pubblici gestiti a mezzo di aziende municipalizzate, provincializzate e speciali, nonché gli eventuali disavanzi dei consorzi per la quota a carico del singolo ente locale interessato.
È necessario però - ad avviso della Confesercenti - che le emissioni siano collegate alla realizzazione di opere che siano in grado, nel medio periodo, di autofinanziarsi e di ripagare per questa via il prestito. In tal modo si evita di ricorrere ad un aumento della pressione fiscale per far fronte agli oneri del debito. In questa prospettiva, la Confesercenti ha proposto la creazione di un apposito titolo del debito locale, il "Bontour", emesso da regioni o da comuni, destinato alla raccolta diretta di risparmio sui mercati - nazionali ed internazionali - per finanziare nuove iniziative nel comparto turistico e sostenere gli insediamenti già esistenti. Il prestito Bontour potrà prevedere la corresponsione degli interessi o il rimborso del prestito, sotto forma di uno o più soggiorni di valore complessivo equivalente presso strutture turistiche convenzionate con l'ente emittente.


Le proposte Sommario

1. Risanamento finanziario
Un ruolo attivo di enti locali e territoriali nel risanamento della finanza pubblica richiede pieno coordinamento tra il Documento di programmazione economico-finanziaria e le politiche di bilancio regionali e locali. Per questo è necessario riformulare il DPEF integrandolo con un'apposita sezione "regionale", predisposta dalla Conferenza Stato-Regioni, che stabilisca obiettivi e strumenti per lo stato centrale e per le amministrazioni locali e territoriali per il triennio. Per favorire il riequilibrio finanziario dei conti dello stato e il risanamento dei bilanci regionali e dei comuni, potrà essere fissato, in questa sede, anche il tetto massimo di pressione fiscale locale, l'obiettivo di spesa corrente e in conto capitale, il limite di indebitamento netto per il triennio. Questo strumento consente un più efficace coordinamento tra la politica economica statale e le strategie degli enti decentrati, più correttezza e trasparenza anche nei rapporti tra le singole amministrazioni locali e tra queste e la collettività.

Secondo il progetto Confesercenti, le regioni dovranno contribuire con propri versamenti al fondo ammortamento titoli di stato in proporzione all'ammontare degli interessi su titoli pubblici pagati in ciascuna regione.


2. Autonomia delle politiche di bilancio

Attenuazione dei vincoli sulla spesa di bilancio: le regioni, le province ed i comuni devono avere la possibilità di decidere autonomamente la destinazione delle risorse finanziarie iscritte in bilancio. Per questo, è necessario eliminare i "fondi a destinazione vincolata" (si tratta, in sostanza, di adottare in tutte le regioni una normativa analoga allo statuto speciale).

E' inoltre opportuno favorire il finanziamento delle spese in conto capitale delle PMI con le risorse stanziate dall'Unione Europea. Le disfunzioni ed i ritardi nell'attuazione degli interventi hanno finora determinato un utilizzo limitato delle risorse comunitarie, condizionando pesantemente anche le prospettive future di finanziamento.

Tra le cause dei ritardi nell'attuazione dei programmi cofinanziati, oltre all'inefficienza delle amministrazioni nell'elaborazione dei programmi, è da ricordare la scarsa compatibilità tra le procedure amministrative nazionali e quelle seguite dalla commissione europea, che privilegiano soprattutto la velocità di realizzazione della spesa (basti pensare che il tasso medio di realizzazione degli investimenti pubblici a livello nazionale non è superiore al 30-40% delle risorse disponibili). Le inadempienze regionali sono spesso determinate dal ritardo nei trasferimenti dal bilancio dello stato alle regioni. Un altro fattore di ritardo consiste nelle frequenti rimodulazioni dei programmi delle regioni in funzione dei mutamenti del quadro politico; l'instabilità politica dei governi regionali determina infatti la continua ridefinizione dei progetti d'investimento. Le risorse previste dal quadro comunitario di sostegno sembrano tuttavia insufficienti a finanziare tutta la politica infrastrutturale dei prossimi anni. Necessario quindi un finanziamento pubblico addizionale alle risorse previste dal quadro comunitario di sostegno.


3. Nuovi compiti delle Regioni

Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza è opportuno che lo Stato centrale intervenga, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere adeguatamente realizzati dagli enti locali e territoriali e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello di Stato centrale.

E' necessario sperimentare nuove forme di sussidiarietà. Le regioni e gli enti locali dovranno avere piena competenza e potestà amministrativa e finanziaria in numerose materie. Tra le altre, segnaliamo in particolare: attività produttive (piccole e medie imprese, credito al commercio, turismo e industria alberghiera), politica della casa, sport, trasporti, occupazione, riequilibrio territoriale. In questa direzione si muove il ddl legato alla Finanziaria che, all'art. 33, prevede il trasferimento alle Regioni di ulteriori funzioni amministrative.

Nel complesso, le nuove funzioni dovrebbero determinare, secondo nostre stime, un fabbisogno finanziario delle Regioni pari ad almeno il doppio della cifra prevista dal collegato (pari a 11.600 mld).


4. Trasferimenti alle Regioni

Con la riforma, restano in vigore soltanto i trasferimenti perequativi. Per sottrarre l'autonomia regionale alla discrezionalità dell'esecutivo, è necessario attuare il dettato costituzionale, che prevede l'attribuzione alle regioni di "quote" di tributi erariali. In particolare, l'imposta di fabbricazione sugli oli minerali.

Con l'introduzione dell'IRAP - da intendersi come tributo erariale che vede la compartecipazione delle regioni - l'esecutivo deve porre particolare attenzione a che non si verifichi un aumento di pressione fiscale per effetto delle addizionali previste a livello regionale.

Sarebbe altresì opportuno introdurre delle differenziazioni di base imponibile IRAP, in relazione alle diverse realtà territoriali e produttive ed inoltre la possibilità di detrazione dall'imponibile IRPEF.

Il decentramento delle facoltà di spesa e di entrata a favore degli enti locali secondo l'ipotesi di riforma fiscale della Confesercenti può inoltre favorire la riduzione del debito pubblico con un ruolo attivo degli enti territoriali. La quota del gettito dell'imposta sugli oli minerali, attribuita a ciascuna Regione sarà infatti versata al netto di una somma destinata al fondo ammortamento titoli di stato in proporzione all'ammontare degli interessi su titoli pubblici pagati in ciascuna regione. Si effettua così una manovra perequativa, che attenua le distorsioni derivanti dalla distribuzione territoriale del debito pubblico.


5. Tributi propri delle Regioni

Varo della riforma della finanza regionale, con l'attribuzione alle regioni di alcuni tributi propri: l'imposta sul consumo energetico (che unifica i vari tributi esistenti), l'imposta sul consumo dei tabacchi, l'imposta sulle assicurazioni degli autoveicoli e l'imposta di registrazione al PRA (con attribuzione di quote alle province), l'imposta statale di consumo su gas ed energia elettrica, le entrate del gioco del lotto e di altri giochi. Potrà essere prevista anche una compartecipazione alle entrate del totocalcio (a copertura delle nuove funzioni in materia di sport). E' necessario, inoltre, prevedere l'attribuzione alle regioni (e da queste ai singoli comuni) dell'imposta di registro (limitatamente agli immobili) opportunamente riformata, per tenere conto dell'incremento del valore degli immobili nei trasferimenti di proprietà e l'istituzione di un'imposta ambientale, gestita da Regioni e Province.

Con l'introduzione del canone di concessione, in sostituzione della TOSAP, sarà opportuno prevedere tetti massimi di imposta, stabiliti a livello regionale ; per alcune tipologie di attività commerciale (il commercio ambulante, ad esempio), inoltre, si pone un delicato problema di differenziazione tra la residenza dell'attività ed il suo espletamento, che può essere effettuato in comuni diversi. Questa caratteristica può dare luogo a delle discriminazioni di fatto (attraverso la modulazione dell'aliquota della concessione) di cui bisognerebbe tener conto al momento della definizione operativa del nuovo tributo.


6.Compartecipazione delle Regioni a tributi erariali

La devoluzione alle regioni del gettito dell'imposta sugli oli minerali (con quote da attribuire in base ai consumi rilevati nelle varie regioni); la compartecipazione al gettito dell'IVA, nella misura del 5%. Queste entrate, con i proventi dei tributi propri, della gestione del patrimonio e della vendita di beni e servizi, e con gli introiti derivanti dalla vendita del patrimonio, di emissioni "ad hoc" di titoli del debito locale e da trasferimenti perequativi, dovranno garantire il pareggio dei bilanci, al netto della spesa sanitaria. In prospettiva, è necessario attribuire l'intero gettito da imposte sui consumi alle regioni ed agli enti locali.


7. Riequilibrio della spesa sanitaria

Per riequilibrare la spesa è necessario consentire alle regioni di ristrutturare in modo incisivo la struttura sanitaria territoriale, con interventi sull'organizzazione sanitaria e sui meccanismi che producono sprechi, gonfiando i costi del sistema. Occorre poi rivedere il meccanismo e la quantificazione dei rimborsi delle assicurazioni al SSN per tutte le spese sostenute dalle strutture pubbliche nei confronti di soggetti assicurati. Attualmente, è previsto un rimborso "forfetario", che consente alle assicurazioni di trasferire sul settore pubblico parte dei rischi connessi ai contratti di assicurazione; una più attenta quantificazione degli oneri delle prestazioni potrebbe garantire entrate certe al SSN in linea con il progetto di realizzare "ospedali-azienda" già, in parte, avviato.


8. Dissesto dei bilanci comunali

Per l'equilibrio dei bilanci, rafforzare i poteri di coordinamento delle regioni e il controllo contabile della Corte dei Conti nei confronti di province e comuni.

Per garantire piena copertura finanziaria ed amministrativa alle nuove funzioni, un forte impulso nazionale e regionale alla formazione e all'aggiornamento del personale degli enti locali.


9. Nuovi compiti degli enti locali

Rafforzare l'azione di coordinamento delle regioni nei confronti di province e comuni nella pianificazione degli interventi a sostegno delle attività produttive. Urgente incentivare le unioni di comuni, al fine di realizzare numerose economie di scala. Il progetto Confesercenti prevede un nuovo ruolo degli enti locali nella programmazione e nel sostegno alle attività produttive ed all'occupazione, utilizzando le possibilità offerte dalla legge 95 del 1995 e le risorse già stanziate nel bilancio dello Stato per complessivi 2.000 miliardi. Comuni e province potranno costituire, con la partecipazione della Gepi, società per azioni per interventi finalizzati all'occupazione o la rioccupazione, anche (ma non necessariamente) per l'esercizio di servizi pubblici locali. La Gepi potrà operare ex ante una verifica tecnica della fattibilità del progetto dell'ente locale, valutando la possibilità di investire capitali nell'intervento. Potrà inoltre contribuire al successo della società, mettendo a disposizione il know-how in materia di lavori socialmente utili, di utilizzazione del personale in mobilità, di percorsi formativi, di supporto amministrativo e finanziario.


10. Risorse finanziarie degli enti locali

Il progressivo superamento dei trasferimenti ordinari, con l'attribuzione ai comuni di consistenti entrate proprie. I trasferimenti saranno effettuati dalle regioni, che curano il coordinamento, il controllo e la redistribuzione delle risorse della finanza locale. Per garantire entrate proprie più congrue, è necessaria la riforma dell'ICI, con attribuzione piena del gettito e maggiore autonomia ai comuni nella determinazione delle aliquote. Ai comuni dovrà essere trasferito il catasto e la gestione delle imposte ipotecarie e catastali; si propone anche l'attribuzione ai comuni del gettito dell'imposta di successione relativo agli immobili, del gettito IRPEF sui redditi dei fabbricati. Ai comuni dovrà essere trasferita una quota del gettito dell'imposta di registro, regionalizzata.


11. Pressione fiscale locale

Il livello massimo della pressione fiscale centrale e locale deve essere definito con il DPEF e la legge finanziaria. La possibilità degli enti locali di stabilire a discrezione il livello delle aliquote delle varie imposte e delle addizionali deve essere contenuta entro limiti massimi stabiliti dalla legge. E' necessario semplificare il sistema tributario e ridurre l'eccesso di fiscalità a carico delle imprese. La Confesercenti chiede inoltre:

Va ribadito che la nuova articolazione della pressione fiscale a livello locale deve comunque avere caratteri di sostituzione con quella nazionale e non di additività, per mantenere un livello complessivo stabile.


12. Federalismo fiscale e solidarietà

La fissazione di uno standard medio uniforme su tutto il territorio nazionale nell'offerta dei servizi-base, con l'istituzione di un fondo perequativo a favore delle regioni più povere. Si propone inoltre di istituire un comitato di valutazione, che fornirà annualmente le indicazioni utili all'utilizzo del fondo. Migliori livelli di servizi saranno posti a carico dei bilanci regionali.


13. Ineguale distribuzione territoriale della spesa pubblica

La riforma della finanza regionale e locale consentirà alle regioni povere di disporre di risorse più congrue, da destinare al riequilibrio dei servizi e della dotazione infrastrutturale. E' inoltre opportuno stabilire una "riserva", in percentuale, della spesa discrezionale dello Stato, da destinare al riequilibrio territoriale a favore delle aree depresse e a ritardo di sviluppo. A tal fine sono necessarie certezze delle risorse e trasparenza nella destinazione delle stesse, anche attraverso opportune modifiche ai documenti di bilancio ed alla relazione previsionale e programmatica. E' necessario inoltre garantire l'attuazione dei recenti provvedimenti per l'accelerazione di tutti i pagamenti nelle aree del mezzogiorno, al fine di utilizzare entro il triennio 1997-99 tutte le risorse stanziate e disponibili.


14. Evasione fiscale

La riforma della finanza regionale e locale richiede anche un incisivo riordino dei tributi propri dei diversi livelli di governo (imposte sul reddito attribuite allo Stato; contributi sanitari a USL e Ospedali; compartecipazione alle imposte di consumo per la quota di competenza delle regioni; imposte ambientali e sul patrimonio a Regioni e Comuni). Il nuovo assetto tributario dovrà stimolare gli enti locali ad un'attenta verifica degli accertamenti fiscali al fine di recuperare l'evasione fiscale. A tale proposito si può stabilire che il gettito effettivamente recuperato (e non solo accertato) su tributi regionali e comunali sia attribuito agli enti locali. Sarà comunque opportuno trasferire a regioni ed enti locali le strutture decentrate e il personale dell'Amministrazione finanziaria, utilizzando al meglio le capacità e le competenze per la lotta all'evasione. Nei comuni è necessaria un'estesa applicazione degli "incroci" tra i dati relativi ai contratti di utenza e le denunce fiscali.


15. Imposizione ecologica

L'istituzione di un'addizionale alle imposte ambientali (combustibili per autotrazione, metano, energia elettrica), da attribuire a Regioni e province. In prospettiva, si propone un tributo sull'energia, che unifichi le diverse imposte gravanti sull'uso dell'energia, favorendo le fonti meno inquinanti e quelle rinnovabili. E' necessario graduare il prelievo fiscale in relazione ai settori di utilizzo, tenendo conto del contenuto di carbonio delle diverse fonti, un metodo diffuso in Europa e nei paesi più sviluppati. Applicando una diversa imposizione sui consumi energetici, si possono ottenere tre obiettivi: la riduzione dei costi delle imprese; il miglioramento della qualità dell'aria, attraverso minori consumi energetici e impiego di combustibili più puliti; una più elevata competitività internazionale.


16. Indebitamento

La creazione di un apposito titolo del debito locale, il "Bontour", emesso da regioni o da comuni, destinato alla raccolta diretta di risparmio sui mercati - nazionali ed internazionali - per finanziare nuove iniziative nel comparto turistico e sostenere gli insediamenti già esistenti. Il prestito Bontour potrà prevedere la corresponsione degli interessi o il rimborso del prestito, sotto forma di uno o più soggiorni di valore complessivo equivalente presso strutture turistiche convenzionate con l'ente emittente.


17. Servizi pubblici locali

Favorire la partecipazione dei privati nella gestione dei servizi e nella costruzione delle infrastrutture con la costituzione di aziende a capitale misto, con la stipula di convenzioni e l'adozione di varie forme di project finance. La costituzione delle società per azioni per l'esercizio di servizi pubblici o per la realizzazione di infrastrutture e di altre opere pubbliche consente di migliorare l'efficienza dei servizi e di potenziare il sistema infrastrutturale, con minori costi per il bilancio dello stato. Per questo, è necessario utilizzare tutti gli incentivi disposti di recente dalla legge 95 per rendere più spedito il processo di costituzione di tali società. In particolare, attribuzione della personalità giuridica e di piena autonomia gestionale e funzionale alle società miste; deroga alla disciplina civilistica in tema di cessione dei beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali per favorire l'attribuzione di impianti molto complessi alle società miste per i servizi pubblici (si pensi alle reti di erogazione dell'acqua o dell'energia, alle dotazioni necessarie ai trasporti o alle telecomunicazioni); intensificazione di tutte le possibili forme di costituzione di società miste, di società per azioni e nella gestione di servizi pubblici locali; costituzione di una società, come disposto dalla legge 95, partecipata da "primari istituti bancari e finanziari" e dalla Cassa Depositi e Prestiti, per aiutare le amministrazioni pubbliche e le imprese nella progettazione e nella realizzazione di programmi cofinanziati dall'Unione Europea. E' necessario, inoltre, che quanto disposto dall'articolo 23 della legge 142/'90 (l'azienda speciale deve informare la propria attività a criteri di efficacia, di efficienza e di economicità, con l'obbligo del pareggio del bilancio, da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti) si trasformi in una disposizione immediatamente precettiva e non solo di carattere programmatico.


18. Riscossione dei tributi

L'argomento è oggetto di riforma. Dal nostro punto di vista, segnaliamo come auspicabile un'adeguata deregolamentazione (con le opportune cautele) del sistema della riscossione dei tributi. Gli enti locali devono avere la possibilità di scegliere autonomamente le modalità della riscossione, che offrano le condizioni più favorevoli e il servizio più efficiente.


19. La gestione del patrimonio

Un'attenta pianificazione del territorio, con il censimento del patrimonio immobiliare di tutti i comuni italiani, per determinare il valore dei beni secondo criteri di valutazione correnti (rendite catastali reali o presunte). Con la creazione di una banca-dati definitiva, costantemente aggiornata, si eliminano le discordanze tra le risultanze catastali e le attuali destinazioni d'uso; si introduce un regolare controllo finanziario e di gestione sulle entrate patrimoniali, e si creano le condizioni per un adeguamento in tempo reale degli strumenti urbanistici ed amministrativi alla dinamica territoriale.


20. Privatizzazione del patrimonio degli enti locali

Censimento dell'intero patrimonio comunale: immobili, aree a verde pubblico, agricole, edificabili, partecipazioni, aziende speciali, sistemi a rete.

Valorizzazione del patrimonio comunale: cessione degli immobili inutilizzati, anche a banche o a consorzi di banche, ottenendo, in contropartita, l'estinzione dei mutui pregressi o la liquidità necessaria a rimborsare i debiti verso terzi fornitori di beni e di servizi. Ne deriva un vantaggio immediato, in termini di riduzione degli oneri finanziari sui mutui e sui debiti verso istituti di credito e privati fornitori.


TAVOLE Sommario

Tavola 1 - Entrate

Imposta Attribuzione
Affari Stato
Canone non ricognitorio (comuni) sopprimere
Canone concessione Regioni, Comuni
Canoni televisione e autoradio Stato
Concessioni Stato, Regioni, Comuni
Contributi previdenziali Enti di previdenza
Giochi Stato; quota a Regioni
ICI Comuni; da riformare
Iciap (comuni) sopprimere
Imposta di successione Comuni; quota allo Stato
Imposta ipotecaria Comuni
Imposta sostitutiva interessi Stato
Imposte automobile Stato, Regioni, Province
Imposte di consumo Regioni; Province, Comuni
Imposte di fabbricazione varie Stato
IRAP Stato - Regioni
IRPEF Stato
IRPEG Stato
I.V.A. Stato; quota a Regioni
Lotto Regioni
Oli minerali Regioni
Pubblicità Comuni
Registro Comuni
Spettacoli Comuni
Tabacchi Regioni
Totocalcio Coni; Stato; quota a Regioni

Tavola 2 - Spesa

Funzioni di spesa Ente competente
Agricoltura Regioni
Artigianato Regioni
Assistenza Stato; Regioni; Comuni
Casa Regioni; Comuni
Commercio Regioni ; Comuni
Difesa e sicurezza Stato
Giustizia Stato
Igiene e sanità Regioni
Infrastrutture Stato; Regioni
Istruzione Stato
Lavori pubblici Regioni; Stato
Occupazione Stato; Regioni; Comuni
Piccola e media industria Regioni; Stato
Programmazione economica Stato ; Regioni
Relazioni estere Stato
Riequilibrio territoriale Stato; Regioni
Servizi locali Comuni
Sport Coni; Regioni
Strade Province ; Stato
Telecomunicazioni Stato; Regioni
Trasporti Regioni; Province
Turismo Regioni

Tavola 3 - Gettito sul PIL per tipo di imposta e per attribuzione

Tipo di imposta Attribuzione

Gettito in % sul Pil

Patrimonio e reddito Stato

15

Contributi sociali Enti previdenza

12

Immobili Comuni

1

Affari, consumo Stato, Regioni, Comuni

10

Produzione Stato; quota alle Regioni

3

Altre minori Stato; Regioni

1

Contributi sanità Regioni

3

Totale gettito (1)  

45

(1) La % di gettito sul PIL è calcolata considerando il totale delle entrate correnti delle amministrazioni pubbliche (entrate tributarie, contributi sociali, altre entrate e imposte in c/capitale). Escludendo dal computo le "altre entrate", la pressione fiscale risulta pari al 41,8%, così come indicato nella RPP 1995.


Tavola 4 - Ripartizione attuale delle entrate e con riforma

Ripartizione Entrate Pressione fiscale (1)

(vigente)

Pressione fiscale (1)

(con riforma)

Stato 28 26
Enti previdenza 12 12
Regioni, Comuni e Provincie 5 7
Totale 45 45(*)

(1) vedi nota precedente

(*) L'esercizio è effettuato a parità di pressione fiscale.

Con la riforma fiscale, la Confesercenti ritiene che si debba comunque giungere ad una riduzione graduale del livello di pressione fiscale.


Tavola 5 - Pressione tributaria erariale (distribuzione territoriale)

Regioni Imposte dirette

in % del Pil

(A)

Imposte indirette in % del Pil

(B)

Pressione tributaria

(A+B)

Piemonte 16,27 10,92 27,19
Val d'Aosta 14,44 12,51 26,95
Lombardia 16,94 10,60 27,54
Trentino 12,38 11,42 23,80
Veneto 14,34 11,02 25,36
Friuli 14,43 10,71 25,14
Liguria 15,38 11,09 26,47
E. Romagna 15,81 11,50 27,31
Nord 15,85 10,93 26,78
Toscana 15,70 12,37 28,08
Umbria 12,79 11,85 24,64
Marche 13,39 11,70 25,08
Lazio 14,38 10,38 24,66
Centro 14,52 11,25 25,77
Abruzzo 12,00 12,01 24,01
Molise 11,01 10,85 21,86
Campania 13,14 11,81 24,96
Puglia 11,68 11,48 23,16
Basilicata 12,06 11,69 23,75
Calabria 11,76 13,33 25,09
Sicilia 11,49 12,33 23,82
Sardegna 12,38 12,35 24,73
Mezzogiorno 12,11 12,04 24,15
Italia 14,62 11,28 25,90

Fonte: Elaborazione Confesercenti su dati del Ministero Tesoro


Tavola 6 - Pressione fiscale locale (Stima 1994)

Regioni Prelievo regionale

in % del Pil (A)

Prelievo comuni e province

in % del Pil (B)

Pressione fiscale locale

(A+B)

Piemonte 3,3 1,0 4,3
Val d'Aosta 7,3 2,0 9,4
Lombardia 3,2 0,9 4,1
Trentino 2,7 2,8 5,6
Veneto 3,3 1,0 4,3
Friuli 3,2 0,9 4,0
Liguria 3,6 0,7 4,2
E. Romagna 3,6 1,0 4,5
Toscana 3,6 1,2 4,8
Umbria 3,9 1,0 4,9
Marche 3,3 0,8 4,1
Lazio 3,5 1,4 5,0
Abruzzo 3,4 1,0 4,4
Molise 3,8 1,0 4,8
Campania 3,2 1,0 4,2
Puglia 3,3 0,9 4,2
Basilicata 4,3 0,8 5,1
Calabria 3,4 0,8 4,2
Sicilia 2,8 0,8 3,6
Sardegna 3,1 0,8 3,9
Italia 3,3 1,0 4,3

Fonte: Elaborazione Confesercenti su dati ISTAT e Ministero Tesoro

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Editing by Confesercenti Nazionale


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