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VIAGGIO NELLE ISTITUZIONI TICINESI

da la Padania

Per avere a portata di mano la Costituzione Federale Elvetica http://www.geocities.com/CapitolHill/Lobby/2445/ch.htm

Sommario


Intervista al prof. Ratti, costituzionalista elvetico
Il Cantone, una repubblica sovrana
La nuova costituzione di Bellinzona rafforza anche il ruolo del Comune

di Giovanni Polli

BELLINZONA. Federazione, cantoni, comuni... Per capire meglio quali siano e come
funzionino i rapporti in Svizzera tra i vari organismi che compongono lo
Stato federale, soffermandoci in particolare sul Canton Ticino a noi così
vicino per lingua, mentalità e - in un certo senso - economia, abbiamo
interpellato il professor Eros Ratti, costituzionalista e autore del più
completo manuale di Diritto elvetico dei Comuni, oltre che di diversi testi
divulgativi di educazione civica per la scuola dell'obbligo.


FEDERALISMO INTEGRALE


«La nostra Federazione è composta da 23 cantoni, che sono Stati autonomi. In
particolare, il Ticino si chiama, nella nuova Costituzione, "Repubblica e
Cantone del Ticino"».Intenti chiari già a partire dal nome...
«Già "Cantone" significava Stato autonomo, ma nella nuova Costituzione
approvata tramite voto popolare si è voluto sottolineare come si tratti in
effetti di una Repubblica sovrana e indipendente. Naturalmente entro i
limiti stabiliti dalla Costituzione federale, che viene approvata anch'essa
dal popolo». Quindi ogni Cantone è libero di darsi la propria Costituzione e
le proprie leggi? «Esattamente, sempre entro i limiti della Costituzione
federale che è comunque lo stesso popolo a darsi, approvandola anch'essa
direttamente con il proprio voto».Un percorso che nasce davvero dal
basso...«Certo, perché è comunque il popolo che stabilisce che certe
materie, per esempio i rapporti con gli Stati esteri, debbano essere
delegati alla Federazione. Togliendo automaticamente questa competenza al
proprio Cantone».Quindi la Federazione ha competenza solo su un numero
limitato di materie.«Sì, in particolare la politica estera, i trasporti, le
poste, i trattati internazionali, la libertà di commercio e altre competenze
elencate in Costituzione federale».
È l'esatto opposto di quanto avviene negli Stati centralisti, tra cui
l'Italia, dove lo Stato si occupa di tutto, tranne ciò che delega, con un
apposito elenco, alle Regioni amministrative...
«Da noi, infatti, le competenze cantonali possono essere innanzitutto
autonome, delegate dalla Costituzione e infine quelle residue, che non
compaiono nell'elenco della Costituzione federale e che quindi spettano
automaticamente al Cantone».
Come sono divisi i poteri nello Stato federale?
«Il governo si chiama Consiglio Federale composto da sette membri eletti in
questo caso non dal popolo ma dall'Assemblea federale, composta dalle due
camere, il Consiglio nazionale eletto dal popolo proporzionalmente al numero
degli abitanti e dal Consiglio degli Stati, anch'esso nominati dai cittadini
ma sulla base territoriale dei singoli Cantoni e con legge maggioritaria.
Quest'ultimo mette quindi sullo stesso piano politico i cantoni piccoli e
quelli estesi. In questo caso, per esempio, il cantone di Appenzello, che ha
venti-trentamila abitanti, ha due rappresentanti, tanti quanti il cantone di
Zurigo, con un milione di abitanti. Questo per evitare, siccome una Camera
ha il diritto di veto sull'altra, che i cantoni maggiori, già rappresentati
proporzionalmente agli abitanti nel Consiglio nazionale, abbiano il
sopravvento».
Le due Camere, quindi, lavorano per proprio conto?
«Tranne, appunto, per la nomina del governo, i sette membri del Consiglio
federale, e la nomina del presidente della Confederazione, carica simbolica,
una specie di "primus inter pares" senza competenze particolari. Flavio
Cotti, ticinese, quando è diventato presidente ricordava che la sua
competenza era quella di entrare per primo dalla porta...»
Il governo, invece, ha un premier?
«No, ogni consigliere federale ha il suo dicastero, non c'è una figura come
il presidente del Consiglio. Nell'elezione del Consiglio federale c'è
comunque un accordo tacito, consuetudinario, chiamato "formula magica",
secondo cui nella nomina dei consiglieri si tiene conto di "una ragionevole
ripartizione nel territorio". E ha sempre funzionato egregiamente, offrendo
rappresentanza sia alle diverse forze politiche, sia alle tre componenti
francesi, tedesche e, anche se di fatto un po' meno, ticinesi. Territori,
lingue, minoranze, hanno così ciascuno la propria rappresentanza».
Un segno di civiltà, non c'è che dire...
«Senz'altro, un segno di maturità. Guardo sempre con ammirazione il momento
della nomina, perché con questo galateo si riesce comunque ad arginare le
ingerenze dell'alta finanza e dei poteri forti».


IL CANTONE, STATO SOVRANO


Passiamo allora al Cantone.
Sono costituiti tutti allo stesso modo oppure sono diversi tra loro, in
quanto ad organi e a rappresentanze?
«C'è qualche piccola differenza sulle denominazioni, ma tutti quanti sono
dotati di potere legislativo, esecutivo e giudiziario come tutti gli Stati
sovrani».
Esiste quindi anche la giustizia cantonale?
«Certamente. C'è la giustizia federale che si occupa di competenze
specifiche, poi invece siamo organizzati con la nostra procura pubblica e
con i tribunali cantonali nei vari gradi. E, da quello che ho potuto
constatare quando svolgevo l'incarico di giudice di pace (eletto
direttamente dai cittadini, ndr), che ha competenza anche su reati penali
minori, il sistema funziona abbastanza bene».
Il potere legislativo e l'esecutivo da chi sono rappresentati?
Il legislativo è il Gran Consiglio, con novanta membri e l'esecutivo, cioè
il Governo, il Consiglio di Stato. In Ticino i consiglieri di Stato sono
cinque. Governo e parlamento sono entrambi eletti dal popolo ogni quattro
anni, con sistema proporzionale. In alcuni Cantoni vi è il maggioritario.
Ogni cantone si sceglie la propria legge elettorale».
E le competenze del Cantone?
«Sono indicate nella Costituzione cantonale».
Non capita mai che vi siano conflitti con quelle federali?
«Può capitare, nel caso di grandi progetti federali, ma in ogni caso è il
Cantone che ha una certa forza. Difficilmente Berna impone una soluzione a
scapito del Cantone, che sul suo territorio ha diritti considerevoli».


VICINO AL CITTADINO, IL COMUNE AUTONOMO


Scendendo verso il basso, prima di arrivare al Comune, vi sono altri enti
amministrativi?«In Ticino vi sono gli otto Distretti, che erano gli antichi
"baliaggi" feudali, e i trentotto circoli. Distretti e circoli hanno però
solo scopo di delimitare i territori della giustizia civile. Sono entità
minori di decentramento, le sedi di autogoverno sono soltanto Cantoni e
Comuni».Qual è il ruolo del Comune?«È la cellula fondamentale della comunità
elvetica. La vita delle persone si svolge nel Comune, Ente di diritto
pubblico anch'esso autonomo, questa volta nel rispetto di entrambi le
Costituzioni, federale e cantonale».Lei ha partecipato direttamente alla
stesura della nuova Costituzione ticinese dove si configura il ruolo del
Comune...«In particolare con la clausola della competenza residua,
all'articolo 16: "Il Comune (...) a livello locale svolge i compiti pubblici
generali che la Legge non attribuisce né alla Confederazione né al Cantone".
Una proposta approvata dal Gran Consiglio, anche se solo per un voto.
Infine, nella nuova Costituzione vi è anche la garanzia dell'esistenza del
Comune, che prima non era prevista».Federalismo proprio integrale, non c'è
che dire.«Pur nella loro gradualità, Federazione, Cantone e Comune sono
perfettamente sovrani. Anche il Comune, come il Cantone, è quindi
caratterizzato con il proprio organo legislativo e con l'esecutivo».
Quali sono?
«Nei comuni più piccoli c'è l'Assemblea diretta dei cittadini...»
È addirittura un organo riconosciuto?
«Certamente. E la legge che la disciplina non obbliga i Comuni a dotarsi del
Consiglio comunale, ma dice testualmente che "i comuni con più di trecento
elettori possono istituire il Consiglio comunale. Naturalmente lo fanno, ma
anche i comuni più grandi potrebbero convocare l'Assemblea diretta dei
Cittadini».
Quanti sono oggi i Comuni in Ticino che la convocano regolarmente?
«Ce ne sono un centinaio, e di solito si riuniscono nella sala delle
Assemblee o nella palestra. E di solito sono un vero e proprio show, perché
i cittadini intervengono e partecipano con molta convinzione».
Un po' come la landsgemeinde nella Svizzera interna...
«Solo che in questo caso è un'assemblea addirittura a livello cantonale,
come ad esempio avviene in Appenzello, e serve per eleggere direttamente il
Consiglio di Stato, quindi il proprio governo. Un bellissimo esempio di
partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica».
Nei Comuni maggiori, invece, i cittadini eleggono il Consiglio Comunale. E
la "giunta"?
«Anche. Qui si chiama Municipio, e viene eletto direttamente ogni quattro
anni. Il sistema di gestione federale, cantonale e comunale è uguale. In
tutti e tre gli ordinamenti vige inoltre il principio della collegialità,
per cui i governi assumono le decisioni collegialmente e nei confronti
dell'esterno vale la decisione presa dall'esecutivo nel suo insieme, non dai
singoli membri. E chi è contrario ad una decisione non può quindi portare la
sua posizione all'esterno».
Resta ancora il Sindaco.
«Anch'egli eletto direttamente dai cittadini, quindici giorni dopo
l'elezione del Municipio, con il sistema maggioritario. È un primus inter
pares, con però alcune competenze specifiche, fra cui il rivestire la carica
di ufficiale di Stato civile».
Le parole del professor Ratti, costituzionalista in grado di esprimersi in
modo chiaro e con concetti comprensibili a tutti, ci hanno aperto gli occhi.
È bastato infatti già un primo incontro con la realtà elvetica e ticinese
per comprendere come la frontiera che separa lo Stato italiano dalla
Confederazione Elvetica segni il confine, più che tra due entità
territoriali diverse, tra due concezioni opposte e tra loro inconciliabili
dei rapporti tra lo Stato con i suoi cittadini.Nella prima, quella italiana
ereditata dal sistema centralista e giacobino piemontese, al centro della
vita di tutti i giorni rimane lo Stato centrale, che si esprime attraverso
le sue articolazioni e i suoi poteri che derivano sempre dalla propria
legittimazione, e dove spesso i suoi funzionari si sentono suoi sacerdoti
prima ancora che suoi servitori, o - meglio - prima ancora che servitori dei
suoi cittadini.Nella struttura elvetica, come abbiamo visto, che nasce dalla
libera adesione di comunità indipendenti e fiere di esserlo, la fonte di
legittimazione di ogni potere è - al contrario - sempre il cittadino,
responsabilizzato nella sua funzione di appartenente alla comunità. Ed il
cittadino, infine, anche attraverso gli istituti della democrazia diretta,
in primis il referendum, può sempre e comunque intervenire nelle decisioni
che lo riguardano. E dare senso compiuto alla stessa parola "democrazia".


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Per la democrazia diretta tre gli strumenti popolari

di Giovanni Polli

Molti sono gli strumenti del potere popolare diretto. Fra questi,
l'Assemblea dei cittadini.Tra il Cittadino e il Consiglio comunale, infatti,
c'è un altro organo, in più, fondamentale per l'espressione della democrazia
diretta in Svizzera: è l'Assemblea dei cittadini, appunto.Di diritto esiste
in tutti i Comuni elvetici e la legge stabilisce, che, dove questi devono
eleggere il Consiglio Comunale, sia proprio l'Assemblea dei cittadini a
farlo, insieme all'elezione del Municipio, in seduta pubblica, attraverso la
votazione per scheda.Sul foglio ufficiale di convocazione delle elezioni,
non solo quelle comunali ma anche quelle cantonali e federali, il Consiglio
di Stato non decide infatti che i singoli cittadini si debbano recare alle
urne, come avviene in quasi dappertutto, ma semplicemente che «le assemblee
comunali sono convocate per il giorno domenica x, alle ore 9». In realtà,
non accade che i cittadini si riuniscano tutti insieme in assemblea:
all'atto pratico, essi vanno comunque a votare come in qualsiasi altro paese
democratico. Se la differenza può non essere avvertibile, da un punto di
vista strettamente giuridico, invece, sottolinea come non siano i singoli
cittadini a eleggere i loro rappresentanti, ma l'assemblea di tutti i
cittadini intesa come organo sovrano, con la solita delega di competenze:
l'atto del voto è a tutti gli effetti una delega da parte dell'Assemblea di
alcune competenze che le sono proprie a un numero ristretto di
rappresentanti. Non si tratta però di una delega in bianco: i cittadini
trattengono infatti per sè due istituti di controllo, ossia il diritto di
referendum e il diritto di iniziativa. Con essi, il popolo si riserva sempre
l'ultima parola. Tramite il diritto di referendum può confermare o annullare
qualsiasi decisione del Consiglio comunale, tranne quelle su alcune materie
come quella fiscale o gli impegni di spesa. Dopo ogni decisione consiliare,
ci sono sempre trenta giorni di tempo per chiedere il voto popolare,
soltanto trascorsi i quali la decisione entra in vigore. Analogamente,
attraverso il diritto di iniziativa, un quinto dei cittadini può chiedere al
Consiglio comunale di pronunciarsi su un dato argomento nel caso non si sia
voluto esprimere. Insomma: il popolo delega, ma può anche ritirare la
propria fiducia. Perché è sempre sovrano.


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Intervista con il Cancelliere (segretario comunale) di Biasca
L'autonomia si conquista cosi'
Meno un Comune si fa aiutare finanziariamente dal Cantone, meno controlli subisce

di GIOVANNI POLLI


BIASCA (CANTON TICINO). Vicino alla vita del cittadino, il Comune. Biasca è
un "borgo" situato a metà strada tra Bellinzona e il Passo di San Gottardo
da una parte e Lucomagno dall'altra, in un'area strategica dal punto di
vista economico, tanto quanto un tempo lo era dal punto di vista militare.
Biasca, seimila abitanti, è adagiato su una piana in mezzo alle montagne ed
il suo aspetto è pulito, gradevole e curato come quasi tutti i Paesi del
Canton Ticino. Chi ci guida a conoscere un po' più da vicino questo Comune
ticinese che possiamo considerare come una sorta di laboratorio da cui
trarre informazioni per comprendere qualcosa in più dell'autonomia comunale
ticinese, è Sanzio Ruspini, il Cancelliere del borgo di Biasca, nonché capo
della Polizia municipale.


QUI IL SEGRETARIO COMUNALE E' ANCHE CAPO DELLA POLIZIA


L'autonomia piena del Comune nell'ordinamento elvetico si misura anche dai
nomi delle istituzioni, che possono cambiare, e dal fatto che il Comune può
decidere, come in questo caso, che il segretario comunale e il capo della
polizia siano la stessa persona. Come mai Biasca è un "borgo", mentre per
esempio Lugano è una "città"?«Dal punto di vista giuridico non c'è alcuna
differenza. Anzi, il Ticino riconosce solo i "comuni". Però c'è una prassi
svizzera, non codificata, secondo cui i Comuni con più di 10 mila abitanti
normalmente hanno il diritto di chiamarsi "città". Il "borgo", di solito è
una via di mezzo tra la città ed il piccolo comune; di solito avviene quando
la sua importanza storica è testimoniata dall'esistenza di un castello...»E
il sindaco si chiama sempre sindaco?«Sì, in questo caso sì. Biasca però fa
eccezione perché il segretario del Comune si chiama Cancelliere...
Ufficialmente, da solo sette - otto anni. Prima era così solo per volere non
scritto del nostro vecchio sindaco Aleardo Pini che, dopo essere stato
presidente dell'Assemblea federale, ha voluto ispirarsi ai nomi in uso a
Berna. Un uso codificato legalmente poi da suo figlio, a sua volta Sindaco.
E, dopo avere notificato al Cantone, la sua decisione, nessuno ha fatto una
piega».


L'AUTONOMIA DEGLI ENTI LOCALI


Davvero un'autonomia molto spinta già a partire dalla libertà simbolica di
scegliere i nomi delle cariche.«In Ticino abbiamo tanta autonomia comunale,
ma nei Grigioni l'autonomia comunale è ancora maggiore. In Ticino lo Stato
incide molto sull'autonomia comunale, persa in passato in cambio di sussidi
da parte del Cantone. E, in cambio dei soldi, il Cantone ha ovviamente
voluto vigilare sull'uso che il comune avrebbe fatto delle risorse,
togliendo loro un po' di autonomia. Adesso, al contrario, il Cantone ha la
tendenza di restituire competenze ai Comuni, anche se purtroppo ci vediamo
restituite competenze di fare e non di incassare...»Compiti senza
finanziamenti?«Questo sì. Però c'è da dire che non ci lamentiamo troppo: la
legge organica comunale lascia ai Comuni una discreta autonomia residua».Il
cui contenuto varia da Cantone a Cantone?«Proprio così, in base alla
Costituzione. Non ci si può fare l'idea di un Cantone svizzero guardandone
uno a caso. Il Ticino è una cosa, Zurigo è completamente diverso».Quello che
colpisce, però, è il modello. Nello Stato italiano c'è il problema opposto:
le richieste di autonomia non trovano mai risposta, sia dal punto di vista
impositivo, sia dal punto di vista decisionale. E il modello flessibile
elvetico desta, per non dire altro, quantomeno una certa invidia.«C'è stato
il tentativo, con la legge organica comunale, di dare norme uniformi per
qualunque Comune. Ma adesso si va verso una maggior flessibilità: non si può
certo trattare una città come Lugano come il Comune di Langario che ha 17
abitanti....Ed ha la sua autonomia anche questo piccolo Comune?«Sì, anche
se, in questo caso limite, non ha un sindaco ma un gerente nominato dal
Cantone. Non perché i cittadini non siano in grado di gestirsi, ma perché
essendo pochi ed imparentati, non riescono a creare un Municipio di tre
persone che non abbiano incompatibilità di parentela tra di loro. C'erano
riusciti, ma a quel momento il Cantone ha chiesto che fossero almeno
quattro, perché il popolo deve comunque poter scegliere liberamente, non
essere costretto ad una scelta forzata».


IL CONFRONTO CON L'ITALIA


L'Italia è proprio un altro pianeta. «La mia opinione è che l'Italia abbia
fatto di tutto - e non so se ha fatto bene o ha sbagliato - per essere uno
Stato unitario, cioè accentrare il più possibile a Roma. Ha fatto di tutto
perché Roma diventasse "caput mundi". E mi chiedo se questi tentativi
federalisti di cui si parla tanto possano avere possibilità di successo, con
una storia del genere».Un'opinione intrigante...«Non voglio giudicare se sia
un bene o sia un male. Magari l'Italia ha scelto meglio, ed è la Svizzera
che sta sbagliando da settecento anni... Non bisogna però dimenticare che il
nostro modello è frutto di settecento anni di storia, di errori, di guerre,
e forse trasferirlo tout court in un altro Stato potrebbe non essere
fattibile».Per tornare all'altra particolarità di Biasca, il suo doppio
ruolo di cancelliere e capo della polizia come nasce?«Quando sono arrivato
qui come segretario comunale, occorreva organizzare la polizia che prima non
c'era. E il sindaco mi ha incaricato di farlo, perché provenivo
dall'esercito. Poi ancora il sindaco mi ha confermato ad personam la carica
ed è stato addirittura codificato nel regolamento che a Biasca il
cancelliere sia anche capo della polizia. Ma abbiamo già deciso che il mio
successore avrà soltanto una funzione sola. È un po' difficile, infatti,
indire un concorso per una persona che accetti entrambi le cariche...»


RAPPORTI CON LO STATO FEDERALE


Torniamo ora gli Enti e alle loro autonomie. Ve ne sono al di sopra del
Comune, prima di arrivare al Cantone?«A parte i distretti e i circoli,
ereditati dalla dominazione degli Svizzeri e che oggi non hanno valenza
amministrativa e delimitano solo le competenze del giudice civile, non vi
sono Enti intermedi. Fino al 1920 in ogni distretto c'era un Commissario
governativo, "trait d'union" tra il Comune e il governo cantonale. Una
specie di prefetto italiano, che rimane tuttora in carica in altri Cantoni,
ma non più in Ticino. Vi è poi la Regione, ma non è un Ente intermedio.
Esiste solo in zone di montagna ed è un istituto, che potrebbe essere anche
di diritto privato, e che trae origine dalla legge federale sull'aiuto degli
investimenti alle regioni di montagna. Serve per offrire sussidi alle
infrastrutture nelle zone problematiche della montagna. Ma non è un Ente
istituzionale».Biasca, a proposito di infrastrutture, ha investito molto
sulla propria zona industriale... «Sì, e i primi frutti iniziano adesso ad
arrivare. È il Cantone a stabilire quali sono le zone industriali di
interesse cantonale, e Biasca è uno di questi. Il patriziato (la proprietà
fondiaria comune dei patrizi, gli originari del luogo, ndr) ha messo a
disposizione il terreno, dato in diritto di superficie alle industrie, il
Comune ha realizzato le infrastrutture e il Cantone ha sussidiato
l'operazione, dando aiuti alle industrie che hanno scelto di insediarsi in
questa zone industriale».


SVILUPPO INDUSTRIALE E TERRITORIO


Quali industrie si sono insediate?«Abbiamo una fabbrica di prodotti
farmaceutici, un'industria di meccanica pesante, una fabbrica che produce
cilindri per la stampa delle stoffe, un'altra di arredamenti interni per
aeroplani...»Tutte produzioni specialistiche...«Abbiamo voluto
differenziarle per evitare che una crisi in un determinato settore colpisse
tutta la zona».Quanti sono i dipendenti?«All'incirca 350, e non appena ci
sarà la possibilità potremo ingrandirci, poiché lo spazio non ci manca».
GLI AIUTI DALLO STATO
Biasca riceve inoltre aiuti dagli altri Comuni attraverso il meccanismo
della compensazione. Di che cosa si tratta e come funziona?«Cercando di
semplificare, in Ticino il cantone stabilisce un reddito pro capite medio
cantonale. I Comuni dove il reddito medio è più alto versano un contributo
al fondo di compensazione intercomunale. Il quale fondo aiuta i Comuni che
hanno un reddito pro capite più basso. I Comuni che godono della
compensazione hanno però una vigilanza molto più stretta da parte del
Cantone. Un ispettore governativo sorveglia cioè il modo in cui il Comune
gestisce la compensazione. C'è una perdita di una certa parte di autonomia
decisionale perché tutte le decisioni del Consiglio comunale di natura
finanziaria, compresi i preventivi, devono essere approvati dal Cantone.E
come funziona, in concreto, questo meccanismo con il comune di Biasca?«Con
Biasca è stata introdotta da pochissimo una nuova formula di finanziamento:
lo Stato attinge dal fondo di compensazione dieci milioni di franchi da
ripartire su cinque anni. Due milioni all'anno a condizione che il Comune ne
approfitti per risanare il suo bilancio ed entro il 2001 abbia il bilancio
in pareggio. Ma questa è ancora una volta un'invenzione rispetto alla legge,
non più adeguata alla situazione attuale. Perché poteva servire per i
piccoli comuni e non si sarebbe immaginato che anche un borgo di 6 mila
abitanti si sarebbe trovato nella necessità di dover chiedere fondi».Qui si
avvertono segnali di uscita dalla crisi?«Certo, anche la stessa edilizia,
che era il settore più toccato dalla crisi, sembra che si stia riprendendo.
E se si riprende l'edilizia può essere il segnale di una ripresa generale».
E con queste prime note positive sull'economia ticinese, Sanzio Ruspini, la
nostra guida di questa puntata ci lascia all'argomento del prossimo
incontro, con l'ingegner Mirko Heimann, vicepresidente dell'associazione
impresari e costruttori del Ticino. Per scoprire che cosa sta avvenendo nel
settore, un tempo trainante del Cantone dietro al confine, delle
costruzioni.


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